La Consulta ha detto no al referendum abrogativo. Ma non c’è dubbio che la riforma Fornero nel suo quarto anno di vita sia un’anatra zoppa. Il pasticcio esodati, per dirne una, non è affatto risolto. Dopo ben sei salvaguardie con 170 mila e 200 lavoratori coperti, ne restano almeno altri 46 mila e 200 da aiutare. Perché da qui al 2019 rimarranno senza stipendio e senza pensione.
Lo certifica l’Inps in risposta all’interrogazione parlamentare di Marialuisa Gnecchi (Pd). Senza pensare poi ad altre categorie di lavoratori neanche incluse tra quelle da proteggere. Ecco perché il governo pensa di rimetterci mano. Da destra a sinistra è un coro di “cambiamola”. I sindacati condividono. Ma i tempi non sono favorevoli. Il Parlamento intasato tra riforme istituzionali ed elezioni presidenziali. I ministeri pancia a terra, pronti a sfornare, il prossimo 20 febbraio, tutti i decreti fiscali, tutti i decreti del Jobs Act, più il decreto Concorrenza, ha rivelato ieri il premier Renzi. Insomma, le pensioni per ora sono in coda.
Eppure un’ipotesi sul tavolo c’è. Declinata in un paio di varianti, ma con un obiettivo comune: consentire agli ultracinquantenni che perdono il posto di anticipare l’assegno pensionistico, restituendo al sistema un minimo di flessibilità. Si favorirebbe la staffetta generazionale. E nello stesso tempo si eviterebbe a questi lavoratori di girare a vuoto prima di trovare una nuova collocazione, impresa quasi impossibile con la crisi e il Jobs Act che premia le assunzioni di giovani. Ebbene la prima variante è quella del prestito: chi è prossimo all’uscita (2-3 anni al massimo), se licenziato può ottenere un anticipo di pensione (circa 700 euro al mese), da restituire in piccole rate una volta maturati i requisiti per la quiescenza. A questa prima ipotesi (che non dispiace al ministro del Lavoro Giuliano Poletti e tutto sommato non troppo dispendiosa per le casse dello Stato, circa 4-500 milioni l’anno), se ne affianca un’altra, caldeggiata dal consigliere economico di Palazzo Chigi, il deputato pd Yoram Gutgeld. Semplice a dirsi, bisognosa però di un via libera di Bruxelles. Si consente in pratica all’esodato over 50 di andare in pensione subito, ma con assegno ridotto, calcolato col metodo contributivo e non retributivo (in base ai contributi versati, metodo che la riforma Fornero ha esteso a tutti dal primo gennaio 2012). Cosa c’entra l’Europa? «C’entra perché dovrebbe consentire di calcolare quella spesa anticipata nel debito anziché nel deficit. Lo Stato nel lungo periodo risparmierebbe e l’Italia può permetterselo, perché la riforma Fornero ha messo sotto controllo il sistema».
Strada lunga insomma e cantiere delle pensioni apertissimo. Basti pensare che ci son voluti ben tre faticosi interventi del Parlamento negli ultimi anni (oltre alle sei salvaguardie per gli esodati) per cancellare dal 2015 le penalizzazioni a chi va in quiescenza prima dei 62 anni (assegno decurtato per sempre, l’1% in meno nei primi due anni di anticipo e 2% nei successivi). «Fuori sono rimaste più di 25 mila persone, di cui 21.257 donne, andate in pensione anticipata nel 2014», ricorda la Gnecchi. «Una cattiveria. Proveremo a salvare anche loro».
Repubblica – 21 gennaio 2015