Frena il saldo dei contratti stabili, pur restando positivo. Nei primi 4 mesi del 2016 sono stati stipulati 570.909 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni di precedenti contratti a termine) mentre le cessazioni, sempre di contratti stabili, sono state 497.763 con un saldo positivo di 73.146 unità. Che però è peggiore del 77,8% rispetto al saldo di 329.186 dei primi 4 mesi 2015. È l’effetto della drastica riduzione, nel 2016 rispetto al 2015, degli sgravi per le imprese sulle assunzioni stabili.
Complessivamente – dicono i dati diffusi dal l’Inps – le assunzioni (stabili e a termine), sempre riferite ai solo settore privato nel periodo gennaio-aprile 2016, sono state 1.608.000, cioè 242 mila in meno rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-13,1%). I contratti a tempo indeterminato solo diminuiti di 233 mila (-35,1%). «Continua a stabilizzarsi il lavoro anche a fronte della riduzione degli incentivi. Più 73.146 contratti stabili sono un segnale importante», dice Filippo Taddei, responsabile economico del Pd. Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, anche lui del Pd, pensa invece che il rallentamento delle assunzioni a tempo indeterminato dimostri la necessità di rendere strutturali gli sgravi. Molto critico il Movimento 5 Stelle, che parla di «bolla occupazionale», alimentata dal «mix tra il doping degli sgravi e il boom dei voucher per il lavoro accessorio» (+43% nei primi quattro mesi del 2016). Il M5S sottolinea inoltre l’importanza della risposta affermativa del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a una interrogazione a prima firma di Tiziana Ciprini che chiedeva se bastasse una sola ora di lavoro nella settimana della rilevazione statistica per essere inquadrati dall’Istat tra gli occupati. Come aveva già spiegato il Corriere il 3 febbraio scorso, è così per via delle regole internazionali che disciplinano queste statistiche. E quindi basta aver lavorato con un voucher per figurare tra gli occupati.
Sulle pensioni, intanto, ieri da Lussemburgo è arrivato un nuovo avvertimento a non favorire le uscite anticipate. Nelle conclusioni dell’Eurogruppo, senza riferimenti ad alcun Paese in particolare, si raccomanda: «Estendere la vita lavorativa attraverso misure che aumentino l’occupabilità delle persone più anziane e che restringano il ritiro anticipato dalla forza lavoro». Difficile quindi che si possa andare oltre la proposta di Ape, anticipo pensionistico sotto forma di prestito da restituire a rate in 20 anni, avanzata dal governo ai sindacati. Non a caso ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha detto che bisogna stare attenti a «non disfare» le riforme precedenti.
Infine, il sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, ha ribadito che non c’è stato un vertice con le casse previdenziali dei professionisti per chiedere n intervento a sostegno del fondo Atlante di salvataggio delle banche.
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 17 giugno 2016