LA RESTRIZIONE L’applicazione della finestra mobile alle «optanti» e l’adeguamento all’aspettativa di vita escludono 6mila lavoratrici. A chi, nel 2012, le faceva notare che la riforma previdenziale Monti-Fornero aveva comportato un forte inasprimento dei requisiti chiesti alle donne per accedere alla pensione, l’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ricordava che per evitare di rimanere al lavoro più a lungo si poteva scegliere l’opzione contributiva, con il pensionamento a 57 anni (58 per le autonome) più 35 di contributi.
Precisazione che scatenava disapprovazione e proteste tra le interessate perché scegliendo quell’opzione l’assegno viene calcolato con il metodo contributivo e si riduce in media del 25 per cento. Oggi, a due anni di distanza, c’è un Comitato opzione donna che protesta perché, quale effetto di una circolare dell’Inps, a migliaia di lavoratrici viene impedito di utilizzare tale opzione entro il 2015, quando scadrà.
Il motivo del contendere è la decisione dell’istituto nazionale di previdenza di applicare anche alle “donne optanti” la finestra mobile e l’adeguamento del requisito anagrafico all’aspettativa di vita, con la conseguenza che per avere la decorrenza della pensione entro il 2015 il diritto deve essere maturato anche con 21 mesi di anticipo (18 di finestra per le lavoratrici autonome e 3 di speranza di vita). In Parlamento sono già stati fatti alcuni tentativi per eliminare tali restrizioni e l’Inps ha calcolato che l’operazione determinerebbe un incremento massimo di 6mila pensioni nel biennio 2015-2016 e un extra costo di 201 milioni di euro tra il 2014 e il 2025. In particolare si avrebbero ulteriori oneri per 554 milioni tra il 2014 e il 2019 e un risparmio di 353 milioni successivamente, perché le pensioni liquidate con il contributivo sono meno onerose. La Ragioneria dello Stato ritiene comunque sottostimati questi valori valutando in più di 6mila le pensioni aggiuntive e quindi la spesa da sostenere sarebbe superiore. Secondo il Comitato, invece, l’operazione nel medio periodo (fino al 2041, perché le 57enni oggi hanno una speranza di vita di 84 anni) garantirebbe risparmi per oltre un miliardo di euro. Resta il fatto che finora non si è trovata la copertura finanziaria sufficiente e anche il tentativo, avvenuto in sede di conversione del Dl 90/2014, di allungare la sperimentazione dal 2015 e al 2018 e estenderla agli uomini non è andato a buon fine.
Ma per spiegare quello che può sembrare un paradosso, cioè che oggi risulta ambita un’opzione che due anni fa suscitava malumori, si deve andare oltre i numeri. In molti casi non si tratta di vedersi tagliare una fetta di una pensione d’oro. Spesso le donne che ricorrono (o vorrebbero ricorrere) all’opzione contributiva lo fanno per necessità, magari perché sono rimaste senza lavoro, oppure sono “esodate” che non rientrano nelle salvaguardie messe a punto finora da governo e parlamento, e c’è chi ha familiari da accudire e trova difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata. Ma ci sono anche datori di lavoro propongono l’esodo volontario e incentivano le dipendenti proprio perché quest’ultime possono contare sull’opzione contributiva e andare in pensione evitando la riforma Fornero.
Il Sole 24 Ore – 4 settembre 2014