Pensioni. Ora la rendita è una questione di quote. Per i più anziani retributivo fino al 2011. Ma da 2012 fetta contributivo
Le pensioni rientrano nella macchina del tempo. L’Istat ha appena comunicato i coefficienti che consentono di rivalutare le retribuzioni (o i redditi dei lavoratori autonomi) da considerare per la determinazione della base annua pensionabile nel regime retributivo. Ora è dunque possibile calcolare con esattezza una rendita con decorrenza 2013. Ma i neo pensionati si trovano di fronte a un’anteprima assoluta: una piccola quota dell’assegno, quella riferita all’anzianità maturata dopo il 2011, sarà calcolata con il criterio contributivo, come stabilito dall’ultima riforma. Quanto vale un anno. Il sistema di calcolo «retributivo», che non si applica più per i periodi di lavoro dal 2012 in poi, si basa su due elementi.
E cioè il numero degli anni di contribuzione e la media delle retribuzioni, aggiornate, riferite all’ultimo periodo di attività lavorativa. L’ammontare della pensione è pari al 2% del reddito per ogni anno di contribuzione: con 25 anni si ha diritto al 50%, con 35 anni al 70%, fino all’80% con 40 anni, massima anzianità presa in considerazione.
La misura della rendita retributiva è costituita dalla somma di due distinte quote (A più B): la prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzianità maturata sino al 1992; la seconda (B) corrispondente all’anzianità acquisita dal primo gennaio 1993 al 31 dicembre 2011. La base pensionabile della quota A è data dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza. Mentre quella di riferimento della quota B (anzianità dal primo gennaio 1993 in poi) si ricava dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni. Gli importi utilizzati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati con la busta paga, ma quelli rivalutati tenendo conto dell’inflazione, con esclusione dell’anno di decorrenza e di quello immediatamente precedente. I coefficienti sono indicati nella tabella.
Gli effetti della riforma
Per le pensioni con decorrenza dal 2012, il calcolo della rendita deve, però, tener conto anche di una ulteriore quota (C), riferita all’anzianità acquisita successivamente al 2011. La riforma Monti-Fornero ha infatti introdotto, dal 2012, il criterio di calcolo contributivo per tutti, compresi coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali hanno finora beneficiato del solo (e più favorevole) criterio retributivo.
Il meccanismo è semplice. La legge stabilisce che il montante individuale dei contributi sia ricavato applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) un’aliquota di computo, 33% per i lavoratori dipendenti, 21,75% per gli autonomi, e rivalutando la contribuzione così ottenuta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale. Al momento del pensionamento alla somma delle quote accantonate (e rivalutate), si applica un coefficiente di conversione correlato all’età del richiedente: 4,661% per chi sceglie di chiederla a 60 anni, 5,435% per chi decide di farlo a 65 anni (si veda tabella).
Calcolo fai da te
Anche se complesso, non è alla fine difficile calcolarsi la pensione da soli. Prendiamo il caso di un impiegato di 65 anni di età che va in pensione a luglio con alle spalle 42 anni e 6 mesi di versamenti, ed una retribuzione annua media di 38.300 euro, riferita agli ultimi 5 anni, e 37.500 (ultimi 10). Gli stipendi sono stati aggiornati al 2013 con i coefficienti Istat della tabella. Per determinare la quota «C» abbiamo individuato l’«accantonamento» maturato, il 33% della retribuzione percepita nell’intero periodo 1° gennaio 2012-30 giugno 2013 (55.000 euro), ed abbiamo valorizzato il risultato moltiplicandolo per 5,435%, il coefficiente di trasformazione all’età di 65 anni. Questo il conteggio:
quota A: 38.300 per 44% (22 anni sino al 31 dicembre 1992, per 2%) uguale 16.852 euro;
quota B: 37.500 per 38% (i 19 anni dal 1993 al 2011 per 2%) uguale 14.250 euro;
quota C: 55.000 euro (stipendi percepiti dal gennaio 2012 al giugno 2013) per 33% (aliquota di accantonamento) per 5,435% coefficiente di trasformazione per chi chiede la pensione a 65 anni uguale 986 euro.
Il lavoratore avrà diritto ad una pensione annua, al lordo dell’Irpef, di 32.088 euro (16.852 di quota A, più 14.250 di quota B, più 986 di quota C), per un assegno mensile di 2.469 euro (pensione annua diviso 13), al lordo dell’Irpef.
Corriere Economia – 18 marzo 2013