Esiste ancora una possibilità concreta che venga riconosciuta l’opzione donna entro la fine dell’anno a chi matura i requisiti per il pensionamento anticipato? Se non ci saranno sorprese dell’ultima ora la risposta è positiva. Le donne che maturano entro la fine dell’anno i requisiti per un pensionamento anticipato con calcolo integralmente contributivo dell’assegno (57 anni e tre mesi di età e 35 di versamenti se dipendenti, 58 e tre mesi e 35 se autonome) potranno farlo.
Sull’allungamento fino a fine anno della sperimentazione lanciata nel 2004 s’è infatti aperto uno spiraglio parlamentare che potrebbe portare a una soluzione già entro settembre. Una proposta di legge che superi lo stop che si era determinato l’anno scorso in virtù di due circolari Inps secondo le quali bisognava tener conto anche della cosiddetta ”finestra mobile” nella verifica dei requisiti, con la conseguenza che la fine del 2015 sarebbe stata interpretabile solo come termine di decorrenza della pensione anticipata e non di maturazione dei requisiti.
Il confronto sul tema è aperto da mesi, con le Commissioni Lavoro di Camera e Senato da una parte, unite nel difendere il diritto all’opzione fino a fine anno e, dall’altra, la Ragioneria generale dello Stato, ferma invece su una posizione restrittiva. A sbloccare l’impasse sono state due riunioni consecutive in Commissione Lavoro della Camera con i vertici Inps, del ministero del Lavoro e la stessa Ragioneria prima della pausa estiva. È prevalsa la tesi sostenuta da sempre dai parlamentari e suffragata da numerosi comitati territoriali Inps secondo cui ci sarebbero ampi margini per il riconoscimento del diritto. Ora le parti si rivedranno il 9 settembre per confrontarsi sul numero di donne che hanno utilizzato questa opzione nel 2014 e la platea di quante lo potrebbero ancora fare entro fine anno. A questi dati verrà affiancata una stima di maggiore spesa pensionistica che, tuttavia, dovrebbe essere piuttosto modesta e molto minore, in ogni caso, dei risparmi conseguiti finora sulla sperimentazione.
Tra il 2008 e il 2013, secondo il ministero del Lavoro, i maggiori oneri determinati da questa misura viaggiavano attorno ai 320 milioni, con un avanzo di 1,3 miliardi rispetto alle risorse a suo tempo ipotizzate a copertura (1,68 miliardi). Poiché sulla spesa non effettuata non s’è determinato un accantonamento di risorse in un fondo ad hoc, serve ora una norma per stanziarne di nuove a copertura fino a chiusura dell’opzione per l’anno in corso.
L’ipotesi è di un’intesa entro metà settembre con la prospettiva di approvare in sede legiferante (ovvero senza passare dall’Aula) la proposta di legge già messa a punto dalle delle Commissioni Lavoro. Tra il 2009 e il 2013 sono state poco più di 16mila le donne che hanno utilizzato questa opzione, con una crescita negli ultimi anni dopo l’entrata in vigore della riforma Fornero. Nel 2014 si sono aggiunte quasi 12mila domande.
Il Sole 24 Ore – 14 agosto 2015