L’ipotesi di un crac greco rischia di far scivolare l’argomento in fondo alle priorità. Ma fino a prova contraria il governo tenta di procedere con l’agenda di lavoro che si è dato. Ieri sera il presidente dell’Inps Tito Boeri è stato a Palazzo Chigi per illustrare la «mappa» della previdenza italiana. In queste settimane il professore della Bocconi ha fatto una radiografia della spesa pensionistica in parte già visibile con la pubblicazione sul sito dell’Inps delle schede sulle gestioni previdenziali più costose e inique. L’«operazione verità» finirà l’8 luglio, quando Boeri, presentando la relazione annuale dell’Istituto, entrerà nel dettaglio delle sue proposte di riforma. L’obiettivo è quello di costruire un sistema sostenibile come è oggi ma più equo, capace di chiedere un sacrificio a chi ha avuto troppo rispetto ai contributi versati a favore di chi invece – i giovani – rischiano di avere troppo poco.
Le ipotesi di lavoro sono diverse: un parziale ricalcolo delle pensioni su base contributiva, ad esempio imponendo un contributo di solidarietà agli assegni più ricchi; inoltre un sistema di uscita più flessibile che imponga, a chi vuole andare in pensione a 60 o 62 anni, di pagare una penalizzazione maggiore tanto più è generoso l’assegno che dovrebbe ricevere. Per superare il problema degli esodati Boeri vorrebbe poi avere i fondi per finanziare un aiuto concreto a chi ha superato i 55 anni, ha un reddito basso, non trova lavoro e non ha maturato ancora i contributi per la pensione.
La battaglia è in salita, perché nonostante siano ormai passati quasi vent’anni dalla riforma del governo Dini – quella che ha introdotto il sistema contributivo – ancora l’88 per cento delle pensioni (12,4 milioni su 14) sono calcolate con il retributivo, l’8,6 per cento con il sistema misto e appena il 2,87 per cento (402mila) con il contributivo, cioè sulla base dei contributi effettivamente versati. Insomma, quella riforma fu troppo graduale e pesa ancora sulla distribuzione delle prestazioni. Ecco perché guardando l’importo medio mensile delle pensioni quasi non si nota la differenza: 943 se solo retributive, 916 euro sul totale degli assegni.
Boeri ha già convocato i sindacati il 9 luglio, ma le decisioni arriveranno in autunno con la legge di Stabilità. Le chance di fondi aggiuntivi per finanziare la riforma oggi sono basse, a meno che la vicenda greca non si risolvesse e diventasse per Renzi l’occasione per ottenere dall’Europa più margini di bilancio.
La Stampa – 30 giugno 2015