Il governo farà bene ad accelerare su «quota 100», altrimenti rischia che la gestione concreta della riforma che consentirà di andare in pensione a 62 anni con 38 di contributi finisca nel caos, con gravi ritardi nell’applicazione delle novità. Il fatto che il decreto legge tante volte annunciato non sia stato ancora approvato dal Consiglio dei ministri (si dice che lo sarà la prossima settimana) apre già una serie di problemi, visto che siamo al 2 di gennaio.
5 mesi già aumentati
Prendiamo, per esempio, la decisione che il governo ha preso a livello politico, ma appunto ancora non ha tradotto in norme di legge, di non far scattare l’aumento di 5 mesi del requisito per la pensione anticipata, quella che fino al 31 dicembre si raggiungeva con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), indipendentemente dall’età. Bene, da ieri, cioè dal primo gennaio 2019, l’aumento, calcolato sulla base delle leggi vigenti in relazione alla speranza di vita, è già scattato. Sia per la pensione di vecchiaia, dove ora servono 67 anni d’età (e 20 di contributi) e non più 66 anni e 7 mesi, come fino al 31 dicembre 2018, sia appunto sulla pensione anticipata, per la quale ora ci vogliono 43 anni e 3 mesi (un anno in meno per le donne). Non a caso, nella bozza del decreto legge su «quota 100» preparata qualche settimana fa si legge l’appunto: «Attenzione! La norma deve entrare in vigore il primo gennaio 2019». Cosa che non è successa. E quindi ora il decreto dovrà eventualmente ridurre di 5 mesi l’adeguamento nel frattempo scattato. Stessa cosa anche per i lavoratori «precoci» (quelli che hanno cominciato prima dei 18 anni), ai quali servono da ieri 41 anni e 5 mesi per andare in pensione contro i 41 anni del 2018. Anche qui il governo voleva bloccare l’aumento.
Misure da reintrodurre
Ulteriori complicazioni ci sono sul fronte di quelle che erano state annunciate come due «proroghe»: la prima riguardante «Opzione donna», il regime di pensionamento anticipato per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 58 anni d’età ma con l’assegno interamente calcolato col penalizzante metodo contributivo, e la seconda che interessa i lavoratori svantaggiati che accedono all’Ape sociale, l’assegno fino a 1.500 euro a carico dello Stato, corrisposto a determinate categorie a partire dai 63 anni d’età. Entrambi questi canali che consentono di andare in pensione prima sono scaduti il 31 dicembre scorso. Il governo ha deciso mesi fa di prorogarli tutti e due, ma anche in questo caso non ha fatto in tempo e così sia Opzione donna sia l’Ape sociale, da ieri, non ci sono più. Anche qui la bozza del decreto che conteneva le due proroghe dovrà essere rivista. Le due misure, infatti, dovranno essere eventualmente reintrodotte. Per opzione donna i tecnici dicono che si ripartirebbe dal prossimo giugno.
Rischio ingorgo
Ma il ritardo del decreto rischia di creare problemi gestionali al cuore stesso della riforma «quota 100». Si tenga conto, infatti, che il decreto legge, anche se sarà in vigore dal momento in cui verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (di solito pochi giorni dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri) dovrà essere seguito dalle indispensabili circolari dell’Inps sulle modalità di presentazione della domanda di pensione. È vero che il decreto dovrebbe stabilire che per tutti coloro che hanno raggiunto i requisiti (62 anni d’età e 38 di contributi) entro il 31 dicembre 2018 la pensione decorrerà dal primo aprile, ma c’è il rischio concreto che i primi assegni arrivino più tardi (con gli arretrati, ovviamente).
È prevedibile infatti che si crei un ingorgo, non appena l’Inps, dopo la pubblicazione del decreto legge, sarà in grado di emanare le sue circolari. Basti pensare che dal primo aprile decorreranno le pensioni con almeno «quota 100» (ma anche 101 con 63 anni d’età, 102 con 64, 103 con 65 e 104 con 66) di chi finora è stato bloccato dal fatto di dover raggiungere appunto i 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia. Insomma, buona parte dei circa 200mila dipendenti privati (per i dipendenti pubblici il decreto stabilirà tempi più lunghi, con le prime decorrenze a luglio o ottobre) che si prevede accederanno a «quota 100» nel 2019 avrebbero già i requisiti per presentare la domanda. Ma non possono farlo perché il decreto legge ancora non c’è.
Corsera