Riscossa più vicina, forse, per i pensionati con assegno oltre i 1200 euro l’anno che hanno perso tutta l’inflazione nel 2012 e 2013 per il decreto Salvaitalia e, reintegrati nel diritto dalla sentenza 70 della Consulta, si sono visti restituire solo parte dell’arretrato dal decreto 65/2015. Con ordinanza del 22 gennaio scorso, il Tribunale di Palermo ha girato alla Corte Costituzionale un ricorso della Confederazione Italiana Dirigenti d’Azienda-Cida, chiedendo se c’è contrasto tra le nuove disposizioni correttive e la Costituzione Italiana. Il decreto 65, poi convertito in legge 109, ha previsto che un percettore di pensione oltre 3 volte il minimo Inps (che in tasca mette 1200 euro netti al mese) recuperi solo al 40% il taglio dell’inflazione disposto nel 2012 e 2013. La percentuale scende al 20% per assegni oltre 4 volte il minimo Inps, al 10% oltre le 5 volte e si azzera oltre le 6 volte. La parola ripassa ora ai giudici costituzionali.
Intanto nel 2014 il Salvaitalia era stato cambiato con la legge 147 del governo Letta che prevede niente tagli all’inflazione per le pensioni fino a tre volte il minimo Inps, il 95% dell’inflazione fino a 4 volte il minimo, il 75% tra 4 e 5 volte, il 50% per trattamenti sopra 5 volte il minimo Inps, il 45% oltre sei volte. «La questione di costituzionalità si pone anche per la legge 147. Sulla 109 – afferma il giornalista Franco Abruzzo presidente dell’Unione nazionale pensionati italiani-Unpit – va detto che intanto, secondo l’articolo 136 della costituzione, non si può fare una legge simile a quella annullata: invece dopo la sentenza 70 della Corte Costituzionale il Governo Renzi ha disposto un recupero solo parziale. Inoltre, si conferma una diseguaglianza a sfavore dei pensionati; la Consulta afferma che non è sbagliato tassare, ma non può essere discriminata una sola categoria, senza che siano toccati anche i lavoratori attivi. Senza contare che i pensionati sono ammortizzatori sociali e aiutano figli e congiunti ogni anno per 6 miliardi di euro, impoverirli significa dare un colpo a questo Welfare parallelo e soldi in meno per il Fisco». Abruzzo sottolinea un secondo aspetto: «Il mancato recupero dell’inflazione 2012 e 2013 vale per tutti i pensionati ex dipendenti pubblici e privati e non solo per i pensionati Inps. Le casse previdenziali sostitutive hanno applicato la regola. E hanno risparmiato. Quell’inflazione ora non rientra più nell’importo dell’assegno e non potrà mai più concorrere alla maggiorazione per il calcolo dell’inflazione degli anni successivi, a meno che la Consulta non dica il contrario». Il presidente Unpit rileva infine che «dal peso del monte pensioni erogato , 247 milioni, vanno tolti 43 milioni di tasse, al netto dei quali la spesa pensionistica italiana è in linea con il resto d’Europa». La Cida ha in ballo un’altra trentina di ricorsi, mentre un’azione giudiziaria collettiva è stata promossa dallo studio Gestione Crediti Pubblici di Firenze i cui patrocinati stanno facendo partire diffide all’Inps. La Federazione Sanitari Pensionati e Vedove sta presentando ricorso. «L’azione Federspev – ricorda il vicepresidente Marco Perelli Ercolini -chiede la totale applicazione della sentenza 70 con copertura di tutti ricorrenti, non solo di una parte. Per quanto attiene l’ordinanza di Palermo infatti bisognerebbe capire se il dispositivo riguarda solo parte dei danneggiati, o include tutti e quali aspetti contempla. Certo, se la Consulta decretasse l’incostituzionalità della misura tutti i pensionati lesi nei loro diritti se ne gioverebbero, e non solo chi ha fatto ricorso. Ma se le cose andassero per le lunghe, a regola il diritto a percepire gli arretrati scade dopo 5 anni, salvo eventuali diverse previsioni della sentenza». Ai pensionati che a Milano hanno partecipato all’incontro con Gestione Crediti Pubblici è stato però anche spiegato che ove, dopo sentenza favorevole della Consulta, una legge decretasse dei mini indennizzi, la nuova disciplina “al ribasso” varrebbe per chi non ha fatto ricorso, mentre chi ha instaurato il contenzioso godrebbe in pieno dell’annullamento della disciplina precedente.
Mauro Miserendino – Doctor33 – 27 gennaio 2016