Tutti in fila per strappare all’operatore quel certificato che riconosce il diritto a non incappare nella stretta sui requisiti per l’accesso al pensionamento prevista dal decreto «Salva Italia».
Il tam tam dettato prima dal susseguirsi delle indiscrezioni, poi dal coro di conferme e smentite sui contenuti della nuova manovra hanno spinto nei giorni scorsi molte persone a recarsi presso la sede dell’Istituto più vicina alla disperata ricerca di qualche chiarimento.
Più che gli interessati al blocco dell’indicizzazione degli assegni, a staccare il cartellino per parlare con l’impiegato o l’impiegata di turno sono stati soprattutto coloro che maturano entro fine mese i requisiti di età e anzianità contributiva previsti dal sistema precedente. In base alla nuova manovra questi lavoratori possono andare in pensione con le vecchie regole e l’ente previdenziale di appartenenza può certificare il diritto all’uscita.
«L’afflusso di pubblico – racconta Umberto Nardella, direttore della sede Inps di Via Melchiorre Gioia a Milano – è stato in questi giorni nettamente superiore rispetto ai ritmi delle giornate precedenti». Il flusso allo sportello non si è ancora del tutto arrestato. «Guardi: sono le nove di mattina è abbiamo una trentina di persone in coda» continua Nardella. È tanto? «Diciamo proprio di sì».
Dalla Lombardia al Veneto la versione non cambia. «In questi due giorni – spiega Antonio Pone, direttore regionale Inps – le richieste di chiarimenti sulle novità previste dalla manovra Monti in tema di trattamenti pensionistici e accesso alla pensione sono aumentate di circa il 70%, tra accessi allo sportello e domande telefoniche. Le richieste più frequenti – continua Pone – riguardano la certificazione al diritto a pensione e la salvaguardia del requisito raggiunto entro il 31 dicembre».
Dopo la Lombardia e il Veneto, è la volta del Piemonte. Anche a Torino la pressione agli sportelli dell’Istituto si è fatta di giorno in giorno più consistente: «Sta crescendo il flusso di utenti che chiedono la certificazione relativa alla maturazione dei diritti – conferma Vincenzo Ciriaco, direttore provinciale dell’Inps di Torino –. In passato abbiamo registrato una tendenza analoga in occasione del bonus introdotto dal ministro Maroni (il cui obiettivo era il posticipo volontario del pensionamento, ndr)».
A Bologna, invece, la ressa agli sportelli Inps ancora non c’è stata. Non si esclude però che la musica possa cambiare nei prossimi giorni. «Non temiamo i picchi di utenza – commenta il direttore della sede provinciale Francesco Severino – anche perché di solito per questo tipo di assistenza, che precede l’apertura di una pratica, ci si rivolge preventivamente ai patronati. Da noi i lavoratori arrivano quando stanno per inoltrare la domanda telematica oppure in fase di definizione di una pratica».
All’help desk della direzione provinciale dell’Inps in via dell’Amba Aradam a Roma dicono che nei scorsi giorni l’afflusso agli sportelli è stato in alcuni casi anche il doppio rispetto al normale. Chi si è messo in coda ha chiesto soprattutto l’estratto dei contributi versati, con l’obiettivo di capire se fossero stati raggiunti i requisiti per andare in pensione entro fine anno.
Stessa situazione presso la sede dell’Istituto di via Giulio Romano, nei pressi di Ponte Milvio. Dagli uffici fanno sapere che sono venute molte persone della “classe ’52” (è questa la classe più penalizzata dalla riforma Fornero, con un posticipo della pensione che rischia di arrivare fino a cinque anni rispetto ai più fortunati nati nel 1951). In qualche caso si sono sentiti rispondere che «bisogna attendere. Fino a quando il decreto non sarà stato convertito e non si avranno certezze, non si possono dare rassicurazioni». Il problema è che il decreto è già in vigore.