Il via libera della Corte costituzionale al contributo di solidarietà applicato alle pensioni più alte nel triennio 2014-2016 vale 156 milioni di euro di risparmi. Ma la vera partita, sul fronte finanziario, si gioca sul meccanismo di perequazione oggetto anch’esso di ricorso, rispetto al quale il comunicato stampa della Corte pubblicato martedì non fa cenno.
Per conoscere nel merito le valutazioni fatte dai giudici rispetto ai due punti portati alla loro attenzione si deve quindi attendere il deposito della sentenza, ma nel frattempo si possono ricordare i numeri in gioco.
Il contributo di solidarietà si applica dal 2014 al 2016 alle fasce di pensione che eccedono un determinato limite: per gli importi compresi (quest’anno) tra 91.343, 98 euro e 130.491,40 euro il taglio è del 6 per cento; per la fascia tra 130.491,41 e 195.737,11 si aggiunge quello al 12 per cento; arriva al 18% sulla fascia superiore. Secondo il report pubblicato dalla Camera dei deputati – servizio bilancio dello Stato il 6 marzo 2014 sulla legge di Stabilità riferita allo stesso anno, gli effetti del prelievo al netto degli effetti fiscali sono pari a 52 milioni di euro all’anno nei tre anni, per un totale di 156 milioni.
Ben più consistenti sono le conseguenze dell’applicazione delle aliquote di indicizzazione all’inflazione degli assegni previdenziali introdotte sempre con la legge di Stabilità 2014 , rispetto a quelli “ordinari” previsti dalla legge 388/2000.
Oltre al fatto che per gli importi superiori a quattro volte la pensione minima le aliquote sono mediamente più basse (si veda tabella a lato per i dettagli), per tutti cambia il meccanismo di calcolo. Con la legge 388/2000, infatti, l’indicizzazione si applica per fasce. Quindi, per esempio, una persona che percepisce un assegno pari a 4,5 volte il minimo, riceverebbe una rivalutazione al 100% per l’importo fino a 3 volte il minimo, a cui si somma una rivalutazione del 90% per la fascia oltre tre e fino a 4,5 volte. Con la perequazione introdotta nel 2014, invece, tutto l’importo viene rivalutato con l’aliquota del 75 per cento.
Gli effetti fiscali di questa operazione sono stati indicati, sempre dal servizio bilancio dello Stato, in 2.699 milioni di euro al netto degli effetti fiscali nel triennio 2014-2016. Senza contare l’effetto trascinamento, determinato dal fatto che l’importo pensionistico dell’anno precedente fa da base per l’anno seguente e quindi il “calmieramento” realizzato nel 2014-2016 renderà meno ricche le pensioni anche negli anni successivi (pe ril 2017, e fermandosi lì, il risparmio è stato stimato in 1.407 milioni).
Sommando i due interventi e considerando solo il periodo 2014-2016, la posta in gioco vale circa 2,85 miliardi di euro.
Matteo Prioschi – Il Sole 24 Ore – 7 luglio 2016