Cristina Giacomuzzo, il Giornale di Vicenza. E’ datata 19 febbraio la relazione dei risultati dei controlli sulle sostanze perfluorate negli alimenti nel Veneto. Una relazione di 22 pagine nella quale l’Iss, l’istituto superiore di sanità, chiede alla Regione di avviare ulteriori accertamenti. Nei giorni scorsi la Giunta Zaia ha deliberato il Piano di monitoraggio nuovo e ha ribadito il massimo impegno, anche in termini economici, per affrontare un’emergenza che in Veneto e in Italia non ha precedenti, dal punto di vista tecnico (gli effetti di queste sostanze inquinanti derivate dal fluoro si stanno studiando relativamente da poco) e legislativo (non ci sono riferimenti normativi sui limiti consentiti).
Ma perché le analisi effettuate fino ad ora non sono state sufficienti? Perché ancora non si riesce a capire se e quanto gli alimenti che si producono nei 79 Comuni veneti inquinati da Pfas (ma sono valutati anche i Pfos e i Pfoa, cioè altri derivati) sono contaminati? Quei terreni dove si allevano animali e si coltivano frutta e verdura, quanto sono compromessi dall’inquinamento pluridecennale scoperto solo nel 2013? L’Iss rinvia ogni giudizio finale («I limiti del campionamento non consento di effettuare stime di esposizione alimentare»), ma non minimizza i possibili effetti negativi dello sversamento partito molti anni fa da una ditta nell’Alto Vicentino (la Miteni spa) che trattava queste sostanze (in genere utilizzate per impermeabilizzare pentole, come il teflon, e altri materiali). Nonostante la scarsità dei campionamenti a disposizione, l’Iss sostiene che «i risultati indicano situazioni di potenziale criticità considerando i livelli di consumo alimentari regionali e i parametri tossicologici definiti da Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. In particolare – si legge – in pesci e uova di allevamenti familiari emergono concentrazioni di Pfos che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, potrebbero determinare il superamento della dose giornaliera tollerabile». Uova da galline allevate a terra e pesci di fiume cioè andranno analizzati meglio perché sono più esposti alle contaminazione e ad “accumulare” le sostanze inquinanti.
LE LACUNE. Il report del Dipartimento di sanità pubblica e veterinaria di sicurezza dell’Iss diretto da Umberto Agrimi inizia con una bacchettata: «Nel foglio sinottico dei campionamenti si osservano piccole discrepanze con quanto presente nella documentazione cartacea relativa ai rapporti di prova». Insomma, i conti non tornano. Anzi, si devono proprio rifare visto che «sono state prese in considerazione solo uova provenienti da allevamenti familiari e pesci con scarsa rilevanza commerciale». All’Iss sono pervenuti 30 campioni di origine vegetale (dal radicchio alle carote), 34 mangimi per l’alimentazione biotecnica, 24 di muscolo da ruminanti (vitello, bovino, capra) poi frattaglie e carne avicola. Anche, appunto, uova e pesci da allevamento o laghetti di pesca sportiva. Interessante il capitolo sul fegato, cioè il principale organo dove queste sostanze si accumulano. «Su 23 campioni, in 9 sono state riscontrate concentrazioni da 1,3 a 7,1 ng/g. In quelli acquistati al dettaglio in Europa si va da 0,2 a 2,6 ng/g». Verdure: «Su 30 campioni in 3 si sono trovate tracce di Pfas». Non sembrano essere queste ultime insomma gli alimenti capaci di trasferire l’inquinamento all’uomo.
LE AZIONI. Agrimi conclude invitando alla cautela: «La contaminazione ambientale indica la rilevanza di misure di prevenzione primaria efficaci ai fini di ridurre le esposizioni alimentari nel breve e nel luogo periodo. E importante approfondire gli aspetti legati alla produzione e consumo di cibo e alla conseguente assunzione di contaminanti da parte delle popolazioni più esposte. Si ritiene parimenti rilevante la considerazione di pratiche agronomiche e zootecniche volte a ridurre il trasferimento della contaminazione dai comparti ambientali a quelli agrozootecnici».
Incalza il consigliere regionale del Pd, Andrea Zanoni: «Ma sono state adottate queste pratiche agronomiche per ridurre l’inquinamento? E quelle di prevenzione sugli alimenti? Mi auguro che le risposte arrivino nel Consiglio straordinario chiesto per martedì 22 marzo».
Il Giornale di Vicenza – 11 marzo 2016