di Gianni Trovati. Sulla prospettiva dei contratti degli statali pesa anche l’incognita dell’incrocio con il bonus da 80 euro, che per chi oggi ha uno stipendio vicino ai 24mila euro all’anno rischia di azzoppare gli effetti dei rinnovi. Asollevare il tema è la Confsal-Unsa, che fa i conti sulle possibili conseguenze del meccanismo del bonus sugli aumenti che potrebbero essere determinati dalle nuove intese nazionali.
Il decalage
Il problema riguarda in particolare i redditi intorno alla fascia 24-26mila euro, un’area piuttosto affollata viste le buste paga medie dei dipendenti pubblici. Fra 24 e 26mila euro, infatti, il bonus introdotto con il decreto dell’aprile 2014 funziona secondo il “decalage” che fa diminuire l’aiuto al crescere del reddito: il meccanismo, infatti, assegna in questi casi solo una frazione degli 80 euro, che si calcola così: si sottrare alla somma di 26mila euro il reddito effettivo dell’interessato, e si rapporta il risultato alla somma di 2mila euro.
Il calcolo
Per esempio, nel caso di un reddito da 25mila euro, il calcolo è il seguente: 26.000-25.000 = 1.000; 1000*100/2000 = 50%. Quindi il bonus mensile è di 40 euro, cioè il 50% del valore-base di 80 euro. Su questa base, si innestano i rinnovi contrattuali. Se, dopo l’intesa, il reddito da 25mila euro passasse a 25.500, il bonus mensile passerebbe a 20 euro.
Le conseguenze
Il contratto, insomma, offrirebbe 500 euro lordi, che diventano circa 355 al netto dell’Irpef nazionale e locale. Il suo arrivo, però, cancellerebbe 240 euro di “bonus-Renzi”, portando il beneficio effettivo a 115 euro. Dei 38 euro lordi per 13 mensilità offerti dall’ipotetica intesa, quindi, ne rimarrebbero solo 8,8. Le somme in gioco, viste le cifre sulle coperture ipotetiche che stanno circolando in vista della legge di stabilità, potrebbero essere più modeste, ma il principio non cambia: ogni euro in più concesso in busta paga andrebbe a limare il bonus riconosciuto dall’anno scorso, e l’effetto è accresciuto dal fatto che gli euro proposti dai contratti sono lordi, quelli del bonus sono invece netti. Per questa ragione, la Confsal Unsa chiede di neutralizzare l’effetto dell’incrocio, anche se non è facile individuare un meccanismo che lo permetta senza trasformare le buste paga in un rebus indecifrabile.
Le altre questioni aperte
La questione degli 80 euro, insomma, si aggiunge alla lunga lista di ostacoli che la macchina contrattuale deve superare per ripartire davvero. Il ministro per la Pa e la semplificazione Marianna Madia ha appena chiesto all’Aran di avviare il confronto sulla razionalizzazione dei comparti, mentre tocca al Governo trovare la copertura per riavviare le intese: una copertura che rischia di non essere molto ricca, rendendo ancor più complicata la gestione della divisione in fasce di merito imposte dalla riforma Brunetta.
Il Sole 24 Ore – 7 ottobre 2015