di Roberto La Pira fattoalimentare.it. C’è troppo mercurio nel pesce spada e nello smeriglio congelato, meglio non darlo ai bambini e alle donne incinte È la conclusione scontata dopo il sequestro di ben 40 lotti di pesce congelato negli ultimi 5 mesi intercettati dalle Asl e in minor misura da altri organi di controllo. Per la maggior parte delle partite è stato disposto il ritiro immediato dal commercio e la successiva distruzione, ma si tratta di provvedimenti molte volte risultano inutili perché, quando arrivano il pesce è già stato venduto e mangiato. Per rendersi conto di quanto si sia aggravatala situazione negli ultimi tempi basta dire che il numero di lotti ritirati e/o sequestrati è più che raddoppiato rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso. Il problema riguarda soprattutto l’Italia visto che in questi 5 mesi le segnalazioni negli altri paesi Europei sono state solo 15.
Il pesce congelato arriva per l’80% dalla Spagna e, visto il numero dei lotti contaminati, si può ipotizzare che qualcuno ritenga il nostro paese come “la spazzatura europea” dove inviare il pescato con troppo mercurio. Certo il rischio di essere intercettati esiste, ma vale la pena correrlo visto che l’alternativa per gli spagnoli è portare tutti i lotti in un inceneritore per la distruzione. In questa brutta storia c’è una grossa responsabilità sia da parte delle società italiane che acquistano in Spagna, in Portogallo e in misura minore in Vietnam, sia da parte delle catene di supermercati che non fanno i controlli adeguati, sapendo che sono in circolazione grosse quantità di pesce contaminato. In genere per il mercurio non si tratta di leggeri sconfinamenti dai limiti ma di quantità elevate.
La norma prevede un limite massimo di 0,5 mg/kg che raddoppia per i pesci di grossa taglia. Nei lotti sequestrati si riscontrano quantità decisamente superiori: fino a 4-5 mg/kg. Per fortuna il problema non riguarda il tonno in scatola, perché le aziende per evitare rischi, utilizzano pesci di media taglia con un tenore di metalli pesanti al di sotto dei limiti.
Un altro elemento da considerare è la scarsa informazione delle istituzioni nei confronti dei consumatori. Sul sito del Ministero non c’è traccia di questi 40 sequestri realizzati nella maggior parte dei casi dalle Asl. Perché il ministro della salute Beatrice Lorenzin non provvede a diffondere queste notizie? L’aspetto paradossale è che il Ministero della salute ha inviato una circolare invitando le Asl a rallentare i controlli sul pesce al mercurio presso i punti vendita, perché è meglio farli a monte! In altre parole si dice ai veterinari di intervenire meno, visto che il loro operato non è così efficace (vedi allegato). Se le ASL smettessero di fare queste verifiche nei punti vendita come suggerisce il ministero chi proteggerebbe i consumatori? Perché nonostante le innumerevoli allerta lanciate dal territorio dai servizi veterinari delle ASL il ministero non riesce ad arginare l’invasione di pesce al mercurio importato da Spagna e Portogallo?
Il fatto alimentare ha già sollevato questo problema due mesi fa inviando una lettera a Beatrice Lorenzin sollecitando un’azione più energica per tutelare la la salute dei cittadini. La risposta è stata un garbato diniego dell’evidenza. Nella lettera di risposta si dice “Relativamente all’elevato numero di notifiche di allerta propriamente dette e di border rejection relative al mercurio in prodotti della pesca, appare opportuno sottolineare che ciò deriva appunto dall’intensa attività di controllo svolta dagli Uffici periferici di questo Ministero e dalle ASL che porta al respingimento delle partite positive controllate al momento dell’introduzione e al ritiro delle sottopartite campionate in fase di commercializzazione. Appare quindi inesatto concludere che a fronte delle allerte il Ministero tenga un atteggiamento di inerzia come si dice in un articolo pubblicato da Il Fatto Alimentare. Rispetto a due mesi fa i casi sono però quasi addoppiati da 24 a 40 e l’unica novità di rilievo è stata l’invito alle Asl di “rivedere” il sistema dei controlli!
In queste condizioni quando si va in pescheria conviene glissare sullo smeriglio e sul pesce spada e altri pesci di grossa taglia, soprattutto se a tavola ci sono bambini o donne incinte che sono più a rischio. Purtroppo non si tratta di una novità .Il concetto viene ribadito molto chiaramente dalla Commissione Europea (DG Sanco- Health & consumer protection directorate general) in una recente nota informativa, dove consiglia le donne in età fertile, quelle in stato di gravidanza o in fase di allattamento e i bambini, di evitare di assumere pesce spada, squalo e sgombro o al limite di non consumarne più di una porzione piccola alla settimana (meno di 100 g). In caso di consumo di tale porzione non si dovrebbe mangiare nessun altro pesce nello stesso periodo. Anche la FDA e EPA americane invitano i consumatori a non eccedere nel consumo di tonno o pesce spada (si sconsiglia inoltre di mangiare tonno più di 2 volte) e a variare il consumo di pesce, proprio per limitare l’apporto di mercurio.
Prendendo in considerazione l’importante apporto nutrizionale che il pesce fornisce con la dieta, anche l’EFSA raccomanda che le donne in età fertile (in particolare, coloro che intendono avere una gravidanza), le donne incinte e che allattano come pure i bambini, selezionino altri pesci, senza dare la preferenza indebita ai grandi pesci predatori come il pesce spada e il tonno. Tutti gli altri tipi di pesce a rischio (ovvero carnivori di terzo e quarto livello trofico nella piramide alimentare) potrebbero esser mangiati con moderazione, in misura pari a 300-400 g/settimana.
Roberto La Pira – Il Fatto alimentare – 13 maggio 2014