Secondo quanto riportato dall’Istituto Zooprofilattico del Piemonte e della Valle d’Aosta, ad oggi, giovedì 20 gennaio, sono otto i cinghiali trovati morti e per i quali è stata confermata la positività per il virus della peste suina africana – PSA. Sono invece ancora in corso le indagini di laboratorio su altre sei carcasse, per un totale di 14 individui sospetti positivi, mentre sono saliti a 117 i comuni inclusi nella “zona rossa”, istituiti con l’ordinanza ministeriale del 13 Gennaio, a firma congiunta del ministro della Salute Roberto Speranza e del ministro delle Politiche Agricole e Forestali Stefano Patuanelli.
Rimane altissimo quindi il livello di attenzione delle istituzioni verso quello che rischia di diventare un problema devastante per il mercato dei prodotti suinicoli italiani. I primi casi erano stati registrati qualche settimana fa e Regione Lombardia aveva deciso di sospendere la caccia in provincia di Pavia a livello precauzionale; cliccando qui l’articolo dove si spiega cos’è la peste suina africana-PSA e come si è diffusa.
Nuove norme per contrastare la diffusione del virus
Si è così resa necessaria l’emanazione di nuove misure di controllo per contrastare la diffusione della malattia, definite dalla Direzione Generale della Sanità Animale e dei Farmaci veterinari (Dgsaf). L’obiettivo principale, secondo quanto afferma il Direttore Generale della Dgsaf Pierdavide Lecchini, è evitare la migrazione del virus dal selvatico al domestico.
Le norme sono diverse in base alla zona a cui fanno riferimento, e più precisamente sono suddivise per:
- Zona infetta;
- Aree confinanti (area di 10 km);
- Tutto il territorio nazionale;
Norme per le zone infette:
Nelle zone infette, oltre a quanto già indicato nell’Ordinanza Ministeriale, è prevista una differenziazione tra “suini selvatici”, cioè qualunque suide non allevato e non detenuto, e “suini detenuti”, cinghiali compresi.
Animali selvatici:
- Divieto di attività venatoria, ricerca attiva delle carcasse e smaltimento e la gestione secondo le indicazioni del Piano Nazionale di sorveglianza per la PSA;
- Divieto di movimentazione di carni e prodotti derivati da suini selvatici al di fuori della zona infetta;
- Obbligo per i CRAS di informare i servizi veterinari riguardo a eventuali interventi su suini selvatici in difficoltà.
Suini detenuti:
- Censimento obbligatorio di tutti gli stabilimenti che detengono suini e cinghiali, a qualsiasi titolo e anche temporaneamente;
- macellazione immediata dei suini detenuti all’interno di allevamenti bradi, semibradi e misti e dei suini allevati a livello familiare, previa visita clinica e sotto controllo ufficiale,
- Programmazione delle macellazioni dei suini presenti negli allevamenti di tipo commerciale;
- Controllo virologico di tutti i suini morti e di tutti i casi che presentano sintomatologia.
In ogni caso, il riavvio dell’allevamento dei suini non sarà possibile prima di sei mesi dalla data dell’emanazione delle norme e solo dopo valutazione epidemiologica esistente, nonché delle condizioni di biosicurezza di ogni struttura. Un vuoto sanitario quindi, mirato a ridurre al minimo la possibilità di perdita di controllo della diffusione del virus.
Norme per le aree confinanti nel raggio di 10 km e per l’intero territorio nazionale
Ulteriori misure di controllo sono state studiate per l’area confinante con la zona infetta, in un’area di 10 km di estensione, e per l’intero territorio nazionale, consistenti principalmente nel:
- Regolamentare l’attività venatoria;
- Censimento di tutti gli stabilimenti che detengono suini con immediato aggiornamento della banca dati nazionale (BDN), e con immediata individuazione di aziende che detengono cinghiali;
- Divieto di movimentazione di cinghiali se non con finalità di macellazione;
- Verifica dei livelli di biosicurezza degli allevamenti, in particolare di quelli semibradi, per i quali viene istituito l’obbligo di recinzione e di identificazione di tutti i riproduttori presenti.
Non solo l’aspetto sanitario preoccupa gli operatori del settore
La filiera suinicola italiana è caratterizzata da circa 4.000 allevamenti, con un numero di animali allevati che supera gli 8,5 milioni l’anno, innescando un indotto lungo tutta la filiera di quasi 20 miliardi di euro (dati Assosuini 2020). La Lombardia, che ospita il 53% degli allevamenti italiani, vede le associazioni di settore schierate per chiedere non solo misure di controllo di tipo sanitario ma anche azioni concrete a sostegno del comparto suinicolo.