«I risultati degli studi dell’Usl 7 su vino imbottigliato, acqua potabile e popolazione esposta non evidenziano motivi di allarme sanitario». Firmato, il direttore generale Francesco Benazzi. Mancano pochi minuti alle 13 di ieri quando l’azienda sanitaria locale prende ufficialmente posizione e divulga i dati dettagliati sull’impatto della produzione di Prosecco Docg nell’area collinare compresa fra Conegliano e Valdobbiadene. Là dove poche ore prima le telecamere di Report, su Rai 3, avevano documentato la vita da «reclusi» di molti residenti costretti a convivere con i trattamenti a base di fitofarmaci (insomma, pesticidi) sui vigneti del Prosecco.
Quei «barricati in casa» che, da anni, denunciano le difficoltà di convivenza con i produttori del vino più popolare del momento, un’industria capace di macinare miliardi in un’area densa di abitazioni, paesi e scuole.
Pesticidi, inquinamento, tumori e patologie respiratorie: ingredienti perfetti per una polemica esplosa puntuale soprattutto sui social, e che l’Usl tenta di arginare tranquillizzando tutti. Il piano straordinario di campionamento avviato nella zona ha evidenziato «tracce micromillesimali» di principi attivi (da 5 a 500 volte inferiori ai limiti) nel vino, così come a posto è risultata l’acqua potabile. Anche il monitoraggio della popolazione ha prodotto, secondo l’Usl 7, risultati del tutto confortanti.
Ma loro, i barricati, restano scettici rispetto alla versione delle autorità sanitarie. «Non ci fidiamo: con i vigneti attorno alle scuole, fuori della porta di casa e con i fitofarmaci che impregnano l’aria vengono a dirci che l’incidenza dei tumori è inferiore al resto d’Italia?» esclama l’ingegner Luciano Bortolamiol, che da Vidor cita gli studi dell’oncologa Patrizia Gentilini e invoca la creazione di un grande distretto biologico privo di trattamenti chimici. «Hanno candidato le nostre colline a patrimonio dell’Unesco, ma i primi nemici del progetto sono proprio gli agricoltori: hanno neutralizzato la biodiversità, restano solo i vigneti», insiste Bortolamiol.
E i produttori? La loro versione, rispetto alle immagini dei trattori impegnati a «sparare» fitofarmaci a ridosso delle case, rispecchia quella della Usl: «Nessun rischio». Ma i coltivatori che abbracciano tecniche totalmente ecologiche, sia pure lentamente, crescono.
Partiamo proprio dall’area Docg, dove pure si sta pensando di creare un distretto biologico: «Numerose aziende stanno iniziando o hanno già avviato il percorso di conversione dei vigneti», assicurano i vertici del Consorzio Docg (20 per cento della produzione di Prosecco, 5 mila addetti, 3 mila famiglie di viticoltori e 129 ettari già «bio» su 7 mila complessivi). Da cinque anni, puntualizzano, hanno regolamentato l’impiego di fitofarmaci introducendo prodotti sempre più sostenibili per minimizzarne «l’impatto nei confronti dell’uomo e dell’ambiente». E senza polemizzare con Report, difendono una produzione secolare «legata all’identità di un luogo unico al mondo, un modello di sviluppo rurale e culturale».
Abbandona i toni diplomatici, al contrario, Stefano Zanette, presidente del Consorzio Doc (oltre 20 mila ettari di vigneti sulle pianure di Veneto e Friuli Venezia Giulia): «L’inchiesta di Rai 3? Tendenziosa, di parte, un pessimo esempio di servizio pubblico», sbotta. «La trasmissione ha evidenziato solo aspetti negativi, mentre i dati sanitari dimostrano la sicurezza dei trattamenti». Ed evocando una «campagna denigratoria nei nostri confronti, perché siamo i più famosi al mondo e questo, evidentemente, dà fastidio a qualcuno», annuncia che valuterà se muoversi nei confronti di quella Rai paradossalmente diretta dal coneglianese Antonio Campo Dall’Orto. «Ogni vitigno del mondo subisce cure fitosanitarie come o più intense delle nostre. Perché soltanto a noi è stato riservato un simile trattamento?», si chiede Zanette. Ma non sarebbe possibile, a questo punto, convertire tutto in biologico spegnendo critiche e timori? «Certo, ma servirebbero almeno tre anni. Inoltre andrebbe rivista l’intera filiera organizzativa incrementando le scorte per compensare le oscillazioni produttive». Quanto ai «diritti d’autore» richiesti dalla frazione giuliana di Prosecco, Zanette è lapidario. «Avrebbero potuto avviare le coltivazioni nel 1979 e non l’hanno fatto. Non sono stati capaci neppure di generare un indotto legato a quel nome. Perderanno la battaglia».
Il Corriere del Veneto – 16 novembre 2016