Sindaci vicentini domani a Roma per l’audizione alla Commissione parlamentare ecomafie dedicata al tema dell’inquinamento da Pfas. Dopo i colloqui con l’assessore regionale all’ambiente Gianpaolo Bottacin, con il commissario di Arpav Alessandro Benassi e il procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri, sono stati convocati gli amministratori dei paesi più colpiti dalla contaminazione da perfluori.
Assieme ad essi, sempre domani, i membri dell’organo parlamentare ascolteranno i rappresentanti di Acque del Chiampo, Centro Veneto servizi, Acque Vicentine, Acque veronesi e consorzio Arica. La commissione sentirà dunque direttamente gli amministratori locali e gli esponenti delle società che si occupano del servizio idrico in merito ad un fenomeno di inquina mento che ha coinvolto 31 comuni e circa 300 mila persone. Per mercoledì è stato invece convocato in commissione il direttore del Pipartimento prevenzione dell’Istituto superiore di sanità Loredana Musmeci; il giorno successivo toccherà al direttore generale del ministero dell’Ambiente Gaia Checcucci
Di seguito la rassegna stampa sul tema
«Pfas, il governo ci deve aiutare» E Degani: Zaia presenti progetti
Platea quasi gremita, anche se il sindaco Luca Restello si sarebbe aspettato «la calca fino a fuori, visto che abbiamo avvelenato i nostri figli». Palco piuttosto nutrito, dall’associazionismo ecologista e produttivo alle istituzioni locali e nazionali, nonostante il direttore generale Stefano Ciafani di Legambiente abbia stigmatizzato «le assenze ingiustificabili della giunta regionale e dell’Istituto superiore di sanità». Sul grande schermo un solo titolo: «Acqua libera dai Pfas». Così ieri mattina al cinema Eliseo di Lonigo è andato in scena il primo confronto pubblico tra la popolazione maggiormente esposta alle sostanze perfluoroalchiliche e Barbara Degani, sottosegretario all’Ambiente, chiamata a rispondere alla richiesta di un supporto economico del governo all’area contaminata: «A fronte di progetti, i fondi verranno stanziati», ha promesso.
Coordinati da Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, gli attivisti hanno rilanciato l’allarme. «E non perché siamo allarmisti noi — ha puntualizzato il dottor Edoardo Bai dell’Associazione medici per l’ambiente — ma in quanto finora sono state divulgate informazioni false e riduttive. Per esempio: perché dire che serve un miliardo per lo screening sanitario, quando invece quella cifra potrebbe essere più utilmente impiegata per le bonifiche e basterebbero diecimila euro per una seria indagine di incidenza delle malattie?». Una ricerca che il Comune di Lonigo si è già detto disposto a finanziare. «Quello che chiediamo a Matteo Renzi — ha spiegato il sindaco Restello — è di sostenere le spese dei filtri, delle analisi, del progetto di deviazione delle acque che richiede 108 milioni. Il problema è che il premier considera il Veneto un nemico perché molti di noi sono leghisti, ma questa comunità non è nemica dello Stato».
Dopo l’esposto presentato dai Comuni giovedì scorso in procura a Vicenza contro l’azienda Miteni, ritenuta responsabile dell’inquinamento, domani i sindaci di Lonigo, Sarego, Sovizzo e Trissino saranno ascoltati dalla commissione parlamentare sulle ecomafie («Un passaggio importante perché viene data vera voce al territorio», ha commentato il deputato dem Federico Ginato). Ma intanto tocca all’esecutivo dare risposte. «Mi fa piacere che il governatore Luca Zaia ci abbia mandato una lettera indicando anche la cifra necessaria — ha chiosato il sottosegretario Degani, confermando «entro luglio» il decreto sui limiti — ma questa deve incardinarsi in una programmazione concreta. Come abbiamo dimostrato sul rischio idrogeologico, liquidando 100 milioni per buoni progetti, non trascureremo il Veneto neanche questa volta».
Intanto l’associazione «La Terra dei Pfas», nata a fine aprile nello studio dell’avvocato padovano Giorgio Destro, continua a crescere. A due settimane dalla sua fondazione si sono iscritti in cento con l’obiettivo di dar vita ad una class action contro l’azienda di Trissino finita sotto la lente. Non solo: la presidente Renza Pregnolato ha anche incaricato l’avvocato Destro e il collega vicentino Edoardo Bortolotto di contattare a nome dell’associazione il procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri per dare una mano, in qualità di consulenti, nelle inchieste aperte dalla procura berica sull’inquinamento da Pfas. «Solo dopo — ha commentato l’avvocato Destro — prenderà piede la class action che potrà anche avere un ruolo attivo nella prosecuzione delle indagini, affidando alla dottoressa forestale Marina Lecis l’incarico di portare il proprio contributo tecnico-scientifico alle indagini». (Il Corriere del Veneto – 15 maggio 2016)
Pfas, i danneggiati fanno causa. «Pozzi da controllare: risarciteci». Falde inquinate, analisi a carico dei privati: una beffa
Caso di inquinamento della falda da Pfas, prime richieste di risarcimento. «Su mandato di una decina di aziende agricole e privati stiamo valutando che tipo di azione risarcitoria promuovere, e verso chi» confermano da Studio 3A, società specializzata in risarcimenti. Sulla vicenda in consiglio regionale ieri il Pd ha depositato un’interrogazione: «La Regione non ha motivi per attendere oltre, deve fissare i tetti massimi di emissione di sostanze perfluoroalchiliche» chiede l’opposizione di centrosinistra.
«Siamo all’assurdo: per imprenditori e privati che stanno subendo enormi danni biologici, esistenziali e patrimoniali oltre al danno, ora, c’è la beffa» critica il presidente dello studio di consulenza 3A, Ermes Trovò. Il riferimento va ad uno dei soggetti che hanno dato mandato per le richieste di risarcimento, un’azienda agricola che nel Comune di Vicenza coltiva in un’area propria di circa tre ettari usando un pozzo artesiano.
«Ad aprile il Comune ha chiesto a tutti i possessori di pozzi di avviare un campionamento d’acqua a cadenza semestrale. Una precauzione doverosa – fanno sapere i consulenti – se non fosse che le analisi da fare entro 60 giorni sono totalmente a carico dei privati». La spesa è di circa cento euro. Spese per le analisi a parte, privati e aziende del Vicentino iniziano ad avviare azioni legali per l’inquinamento della falda. «Prevediamo che alla decina di soggetti che finora ci ha dato mandato se ne aggiungeranno presto altri. Per ora non è partita alcuna azione legale – precisa Nicola De Rossi, di 3A – stiamo valutando verso chi va rivolta». Dalla Miteni Spa, l’industria chimica di Trissino che dalla sanità regionale, Arpav e Comuni viene indicata come possibile fonte dell’inquinamento, si respinge ancora una volta al mittente ogni accusa: «Le massime concentrazioni di Pfas sono collocate in un’area lontana dallo stabilimento, Miteni è strettamente controllata da Arpav e non è la fonte dell’inquinamento. Tra l’altro, un caso di inquinamento da Pfas si è verificata anche nel Trevigiano: è evidente che ci sono altre fonti inquinanti» fanno sapere dalla ditta.
La vicenda continua a tenere banco, anche a livello locale: ieri il Comune di Sarego, al centro dell’area della falda inquinata, ha attivato la casella mail pfas@sarego.gov.it appositamente per rispondere a tutti i cittadini che chiedono chiarimenti sul tema. Mentre a livello veneto, il Pd (Andrea Zanoni, Francesca Zottis e Piero Ruzzante) e Lista Moretti (Cristina Guarda) sostengono che, grazie al recepimento di direttive europee, ora anche la Regione può fissare tetti e soglie di inquinanti: il tema è dibattuto da tempo, con l’ente regionale che rimanda al ministero per la fissazione di questi limiti. «Ora non ci sono più alibi – attacca Zanoni – ogni ritardo non sarà più ammissibile». (Andrea Alba – Il Corriere del Veneto – 14 maggio 2016)
Pfas. Allarme nei pozzi privati. Contaminazioni ad Albaredo e Colognola. A rischio anche gli allevamenti nel Colognese una delle zone più densamente popolate di bovini
Luca Fiorin. L’Ulss 20 ha messo sotto la lente d’ingrandimento i pozzi privati presenti nell’area di sua competenza che è a maggior rischio di contaminazione, quella che comprende i comuni di Cologna, Pressana e Zimella, ed i risultati ottenuti sinora sono stati tali da far sì che sia stato programmato un ampliamento dell’area controllata. A fornire un primo aggiornamento sulle verifiche in atto – allo stato attuale mancano troppi riscontri per poter parlare dell’esistenza di un quadro esaustivo dei pericoli connessi alla contaminazione delle acque di falda e superficiali da Pfas – sono stati ieri il direttore del Dipartimento di prevenzione deU’Ulss, Luciano Marchiori, e la direttrice del Servizio igiene degli alimenti Linda Chiotti. Un primo aggiornamento dal quale, secondo i funzionari, risulterebbe che i pericoli maggiori sono correlati aU’utilizzo di fonti idriche private. «Secondo i criteri obiettivo stabiliti dall’Istituto superiore di sanità ed accolti dal Ministero dell’Ambiente, gli acquedotti sono a posto», afferma la dottoressa Chioffi. Ha poi spiegato che dal 2013 è in corso un monitoraggio nei sette Comuni dell’Ulss 20 interessati dal problema-Pfas, Cologna, Pressana, Veronella, Zimella, Roveredo, Albaredo ed Arcole. Ma c’è chi tra i Comuni ha già preso i primi accorgimenti: «A Cologna, Pressana e Zimella è stato attuato un controllo a tappeto dell’uso di acque pescate con pozzi privati di attività che prevedono produzione di alimenti, dai bar ed i ristoranti sino ad aziende ed industrie di trasformazione e di allevamenti zootecnici». Un controllo avviato in questi tre Comuni perché qui erano stati effettuati esami che avevano portato alla conferma della presenza nelle acque di falda dei Pfas e riguardano centinaia di realtà. «Per quanto riguarda il primo di questi due settori economici», continua Chioffi, «ci risultano essere presenti in quest’area ben 231 attività, di cui sinora ne sono state controllate 161. La cosa positiva è che di queste solo 12 si approvvigionano di acqua per mezzo di pozzi privati; 12 attività alle quali abbiamo prescritto di fare delle analisi specifiche, i cui risultati devono poi esserci trasmessi». Ben diversa la situazione per quanto riguarda gli allevamenti zootecnici. Fra Cologna, Zimella e Pressana risultano presenti 165 aziende zootecniche dimensioni significative e ben 69 di esse risultano non servite dall’acquedotto. Se si considera che, secondo quanto affermato dal segretario di Coldiretti Claudio Valente, «il Colognese è una delle aree più importanti al mondo per quanto riguarda gli allevamenti bovini». E Marchiori aggiunge: «Bisogna tenere conto che secondo l’Istituto di sanità l’assorbimento maggiore di Pfas degli esseri umani è legato all’acqua», sottolinea Marchiori. E lo dice, spiegando che comunque i bovini arrivano a bere sino acento litri al giorno di acqua. Sta di fatto che, per quanto riguarda i pozzi privati, sinora sono emersi due casi di presenza di Pfas sopra i limiti-obiettivo a Cologna ed uno in un Comune in cui non sarebbe stato prevedibile, ad Albaredo. «Anche per questo», concludono gli esperti dell’Ulss, «stiamo estendendo le indagini nei Comuni vicini, allo scopo di arrivare ad avere un quadro sempre più ampio del fenomeno». (L’Arena – 14 maggio 2016)
15 maggio 2016