Un «intervento straordinario», del valore stimato attorno al miliardo e mezzo di euro, per cominciare a risolvere il problema delle Pfas e, nel frattempo, tenere sotto controllo le persone che risiedono nelle aree contaminate. È quanto chiede la Regione Veneto, mentre il governo apre uno spiraglio per avviare la programmazione e cominciare a ricercare i fondi tra le pieghe del bilancio dello Stato.
Dopo fiumi di polemiche e allarmi per l’inquinamento delle acque, si comincia a definire a grandi linee il percorso necessario per trovare i finanziamenti utili per realizzare le nuove infrastrutture per l’acqua potabile intaccata dalle sostanze perfluoroalchiliche. Firmata dal governatore Luca Zaia, è partita ieri la lettera con la richiesta di fondi allo Stato, indirizzata in particolare al premier Matteo Renzi e ai ministri della Sanità Beatrice Lorenzin e dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Zaia, facendo sapere che la lettera verrà sottoscritta anche dai Comuni interessati dall’inquinamento (una trentina tra Vicenza, Verona e Padova) anticipa al governo «la presentazione a brevissimo termine di un programma di interventi strutturali e infrastrutturali, da realizzare in un arco temporale di 4-7 anni», che vale «oltre 100 milioni di euro per la modifica strutturale degli approvvigionamenti idrici per il settore idropotabile e per i settori industriali e agricoli coinvolti» e 100 milioni «per la sorveglianza sanitaria» in un periodo compreso tra i 10 e i 15 anni, secondo quanto è stato stimato qualche giorno fa dai tecnici della sanità regionale.
E proprio nel giorno in cui Venezia presenta il conto a Roma, dal ministero dell’Ambiente si comincia di parlare di risorse da destinare al Veneto per mettere fine all’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche. A dare l’input, iniettando un po’ di speranza ad una platea di sindaci, presidenti di Provincia, tecnici regionali e gestori del servizio idrico riunitisi ieri a Vicenza sotto il coordinamento del presidente provinciale Achille Variati, è stato il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani. «Non ho ancora visto la lettera del presidente Zaia – ha detto – ma è positivo che da parte della Regione Veneto ci siano questi movimenti». Arrivata a Vicenza con il direttore generale del dipartimento per la salvaguardia del territorio e delle acque del ministero, Gaia Checcucci, Degani ha anticipato una soluzione, partendo da un accordo quadro già esistente. Si tratta di quello relativo alla tutela delle risorse idriche del bacino del Fratta-Gorzone per la depurazione e il trattamento fanghi del distretto conciario vicentino, chiuso senza aver utilizzato 20 milioni di euro. Quell’accordo, secondo il ministero, potrebbe essere riaperto e aggiornato inserendo la questione delle Pfas. Ma non è tutto: «Stiamo cercando di lavorare per vedere se esiste una programmazione necessaria e sufficiente per una richiesta formale attraverso fondi Fsc (per lo sviluppo e la coesione), gestiti all’interno del Comitato interministeriale per la programmazione economica» ha annunciato Degani.
Un passo in avanti di cui si dovrebbe entrare nel merito domani a Venezia, durante l’incontro del Comitato di sorveglianza dell’accordo sul Fratta-Gorzone. Rimane ancora aperta, invece, la diatriba tra Roma e Venezia sui limiti degli inquinanti, con l’assessore regionale all’Ambiente Gian Paolo Bottacin che insiste: «I limiti li deve fissare il ministero» e il ministero a sostenere che la Regione può far da sé.
Elfrida Ragazzo – Il Corriere del Veneto – 10 maggio 2016