Ieri è toccato all’assessore all’Ambiente della Regione Veneto Gianpaolo Bottacin. E domani toccherà al procuratore capo di Vicenza Antonino Cappelleri. Quella con il magistrato sarà la seconda audizione voluta dalla “Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” per cercare di fare chiarezza sulla vicenda Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche che hanno contaminato le falde di una vasta area del Veneto e che, attraverso l’acqua, sono finite nel sangue di centinaia di cittadini il cui stato di salute ora dovrà essere controllato per i prossimi cinque se non dieci anni. Una situazione talmente preoccupante che la Commissione sulle ecomafie presieduta da Alessandro Bratti ha deciso, come riferisce la senatrice Laura Puppato, di aprire un fascicolo sul caso Pfas completamente separato e a se stante da tutte le altre vicende di inquinamento che hanno interessato la regione.
Tant’è che, oltre al procuratore capo – cui verrà anche chiesto se è vero che una prima inchiesta sui Pfas è stata archiviata per insussistenza di reati – c’è l’idea di sentire anche la ditta Miteni di Trissimo, da più parti indicata come responsabile della contaminazione, e i Consorzi acquedottistici. Ieri, dunque, il lavoro della Commissione Ecomafie è iniziato con l’audizione dell’assessore Bottacin, presente anche il dirigente regionale dell’Ambiente e commissario di Arpav, Alessandro Benassi. «Mi sono state rivolte varie domande – ha detto Bottacin – per capire la situazione e ho spiegato cosa abbiamo fatto a partire dal 2013, quanto ci è stato comunicato che uno studio del Cnr, di cui nessuno ci aveva informato, aveva rilevato queste sostanze in un’area compresa tra Vicenza, Verona, Padova. Quando ho spiegato che abbiamo messo subito in sicurezza gli acquedotti con filtri a carbone attivo, mi è stato chiesto quanto può costare una soluzione strutturale: ho detto che per spostare a nord gli acquedotti servono 80-90 milioni di euro e tra i 5 e i 7 anni di lavoro. Dopodiché ho ribadito che sarebbe tutto più semplice se lo Stato avesse messo o mettesse dei limiti, che ancora non ci sono, per lo scarico di queste sostanze».
E qui Bottacin si è nuovamente scontrato con la senatrice del Pd, Laura Puppato: «È arrivata a sostenere che il ministero non era stato informato della scelta dei filtri all’acquedotto, le ho detto che il carteggio è alto così e non basterebbe una giornata per darne lettura». Ma la senatrice Puppato insiste: «La Regione Veneto dice di aver fatto tutto quello che le spettava ma dalla documentazione in mio possesso risultano a suo carico gravi ritardi e il fatto che doveva fissare i limiti dei Pfas, come dimostra l’autorizzazione allo scarico nel torrente Poscola per la ditta Miteni del 30 luglio 2014 dove vengono prescritte le soglie indicate di 0,3 microgrammi/litro per i Pfos e 0,5 per Pfoa e Pfas. Sono le soglie fissate nel gennaio precedente dall’Istituto superiore di sanità. Quindi, non solo ritardi: la Regione Veneto si contraddice».
Intanto a Palazzo Balbi sta per prendere avvio la seconda parte del biomonitoraggio: oltre alle persone già sottoposte ad analisi, verranno controllati anche i cittadini del settore primario, chi cioè lavora in impianti zootecnici e aziende produttrici di alimenti e dove viene usata l’acqua dei pozzi. Per questi ultimi l’Istituto superiore di sanità ha stabilito che l’acqua destinata agli animali deve avere le stesse caratteristiche di quella potabile per l’uomo. E anche qui dovranno essere fatti nuovi controlli. (Il Gazzettino)
Ecomafie, ora scatta l’inchiesta politica
«Perché la Regione non ha comunicato al ministero quanto fatto sul fronte dell’inquinamento da Pfas?». E la domanda che si pone Laura Puppato, capogruppo del Pd nella commissione parlamentare sulle ecomafie. La vicenda dei perfluori è arrivata ieri sul tavolo dell’organo bicamerale. Nella seduta, i membri della commissione hanno ascoltato l’assessore all’ambiente della Regione Veneto Gianpaolo Bottacin e il commissario dell’Arpav, nonché dirigente del settore ambiente della Regione, Alessandro Benassi. Puppato ha confermato che domani sarà ascoltato anche il procuratore di Vicenza Antonino Cappelleri. «Proseguiremo con le indagini – precisa la senatrice -. Chiederemo al procuratore Cappelleri di fare luce sulle informazioni in suo possesso, sui passaggi fin qui affrontati e su cosa intende fare per il futuro». L’esponente democratica non si è detta soddisfatta del colloquio. «Voglio capire come mai c’è questa schizofrenia di comunicazione – sostiene -. Dalla documentazione emergono, nel tempo, comunicazioni dal ministero dell’Ambiente e dall’Istituto superiore di sanità, alle quali fanno fronte poche, laconiche risposte da Regione e Arpav. I due enti, però, dicono di essersi attivati subito: perché, allora, non hanno comunicato quanto fatto ai due organi superiori?».
«Non è vero che il ministero non sapeva nulla – ha replicato l’assessore regionale Bottacin -. Nel luglio 2013 avevamo comunicato l’installazione dei filtri negli acquedotti ai ministeri dell’Ambiente, della Salute e all’Iss. In ogni caso, durante la seduta abbiamo ribadito la necessità di stabilire i limiti per tutte le sostanze perfluoro alchuiche e non solo per alcuni di questi composti. In più, abbiamo parlato dei soldi necessari per gli interventi strutturali e dei costi per lo studio epidemiologico, facendo presente quanto scritto nella lettera del presidente Zaia». Sulla questione è intervenuto anche il senatore vicentino dell’Udc Antonio De Poli. «Valuto positivamente – ha spiegato De Poli -, la possibilità che si avviino i primi interventi nell’ambito di un accordo quadro già esistente, quello sul Fratta-Gorzone, così come il fatto di cercare le risorse nell’ambito dei fondi per lo sviluppo e la coesione all’interno del Cipe». (Il Giornale di Vicenza)
11 maggio 2016