di Luca Fiorin. «Non intendiamo permettere ancora che le beghe politiche facciano passare in secondo piano i gravi problemi sanitari che vedono coinvolti i nostri figli e noi stessi». Ha il sapore di un aut aut la nota resa pubblica ieri dai diversi gruppi che si stanno combattendo perché venga posto rimedio alla contaminazione delle acque e dell’ambiente causata dai Pfas, in un’ampia area posta a cavallo fra le province di Verona, Vicenza e Padova. Le Mamme «No Pfas», i «Genitori attivi zona rossa», il Coordinamento acqua libera dai Pfas e i circoli di Legambiente di Cologna e Verona fanno sapere che stanno chiedendo un confronto pubblico tra i vertici della Regione, il ministero dell’Ambiente e Veneto Acque. «Quello che vogliamo», spiegano, «è che venga indetta una tavola rotonda nella quale, alla nostra presenza, vengano chiarite tutte le importanti questioni che continuano a restare aperte». Secondo gli attivisti, sono almeno sei i punti da approfondire. Il primo è quello relativo ai tempi e ai metodi dell’eliminazione dell’origine dell’inquinamento della falda, ovvero, «dell’industria chimica Miteni di Trissino, Vicenza», ma i temi su cui servono risposte sono anche altri. C’è quello relativo all’esigenza di abbassare a livello nazionale i limiti per quanto riguarda l’immissione delle sostanze perfluoro-alchiliche nell’ambiente e ci sono quelli legati alla qualità dell’acqua che viene erogata dalle reti pubbliche. «L’attuale presenza dei filtri non può rappresentare un modello definitivo», spiegano i No Pfas, che poi definiscono «deludenti» i rimpalli di responsabilità e il procrastinarsi dei finanziamenti per i nuovi acquedotti, chiedendo il rispetto della delibera adottata quasi un anno fa dal Comitato interministeriale per la programmazione economica che prevedeva lo stanziamento di 80 milioni di euro. Infine, cittadini e ambientalisti chiedono venga immediatamente reso pubblico in forma completa lo studio sulla contaminazione degli alimenti («Le rassicurazioni delle istituzioni non ci tranquillizzano», spiegano) e vogliono che vengano definiti i tempi per l’estensione dello screening al di sotto dei 14 anni e di avere risposte chiare per quanto riguarda l’efficacia dell’uso della plasmaferesi per togliere i Pfas dal sangue.
«Tutti questi punti costituiscono delle vere e proprie emergenze, anche se ci sono eminenti figure politiche che continuano a minimizzare quello che è il più grave caso di contaminazione di acque da Pfas mai registrato al mondo; un problema che coinvolge oltre 350mila persone», precisano gli attivisti. Mercoledì una loro delegazione è stata accolta a Palazzo Chigi da rappresentanti della presidenza del Consiglio. «Durante l’incontro», spiega la deputata Cinque stelle Silvia Benedetti, che era presente, «sono state chieste al Governo azioni concrete e che vengano riconosciuti lo stato di emergenza e il danno ambientale».
L’Arena – 25 novembre 2017