I risultati delle analisi sulle matrici alimentari effettuate in Veneto nelle zone esposte alla contaminazione da Pfas indicano situazioni di potenziale criticità, considerando i livelli di consumo alimentari regionali ed i parametri tossicologici (Tdi) definiti da Efsa. Tali situazioni appaiono meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti. Lo afferma l’Istituto superiore di sanità nella valutazione sul monitoraggio delle matrici alimentari inviata alla Regione Veneto il 19 febbraio scorso. I campionamenti in questione erano stati effettuati nel territorio di cinque Ulss, entro il 30 giugno del 2015, in base a quanto disposto dalla delibera della Giunta regionale 1570/2014. Nel parere, arrivato a Palazzo Balbi nei giorni scorsi, il direttore del Dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Iss, Umberto Agrimi, sottolinea come, a causa della contaminazione ambientale da Pfas, già pluridecennale, ci sia la necessità di adottare misure di prevenzione primaria efficaci per ridurre le esposizioni alimentari nel breve e nel lungo periodo.
E come sia opportuno approfondire gli aspetti legati alla produzione e al consumo di cibo locale e alla conseguente assunzione di tali contaminanti da parte delle fasce di popolazione più esposte. Non solo, a parere dell’Iss, è anche importante che siano adottate pratiche agronomiche e zootecniche volte a ridurre il trasferimento della contaminazione dai comparti ambientali a quelli agrozootecnici.
In premessa Agrimi afferma che, a causa della rilevante complessità di uno studio di esposizione alimentare indirizzato ad un territorio ampio e diversificato, il set di campioni inviato, numericamente limitato e non rappresentativo di tutte le categorie alimentari codificate da Efsa per le valutazioni di esposizione alimentare umana, può rivestire solamente un significato orientativo.
Nel parere si ricorda, tra l’altro, che Efsa ha stabilito per i Pfas una Tdi (Tolerable Daily Intake o dose giornaliera tollerabile) di 1500 nanogrammi per chilo di peso corporeo al giorno per i Pfoa e di 150 nanogrammi per chilo per i Pfos. E che nella legislazione europea (Direttiva 2013/39/EU), recentemente recepita nell’ordinamento nazionale con Dlvo 172 del 13.10.2015, è stato fissato uno standard di qualità ambientale pari a 0,65 ng/L di Pfos nelle acque interne quale valore medio annuale, cui corrisponde una contaminazione di 9,1 ng/g nel biota. Il significato di tale standard emerge considerando che l’assunzione alimentare costante e prolungata nel tempo di prodotto ittico da acque contaminate oltre il livello definito dallo standard di qualità può portare ad un rischio per la salute umana, attraverso il superamento dell’assunzione giornaliera tollerabile
ECCO LO CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DELL’ISS
“I limiti del campionamento, considerando l’ampiezza e varietà degli alimenti potenzialmente interessati, non consentono di effettuare stime di esposizione alimentare. A questo si aggiunge la necessità di migliorare le performance analitiche in modo da ridurre le incertezze analitiche nella stima di esposizione alimentare. I risultati degli accertamenti analitici hanno pertanto un valore puramente indicativo e limitato ai singoli alimenti considerati, senza possibilità di estendere quanto riscontrato a condizioni o considerazioni più generali.
Pur con tali limiti, i risultati delle analisi indicano situazioni – che al momento risultano localizzate e limitate a gruppi specifici di popolazione – di potenziale criticità, considerando i livelli di consumo alimentari regionali ed i parametri tossicologici (Tdi) definiti da Efsa. Tali situazioni appaiono meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti. In particolare, emergono nella risorsa ittica e nelle uova di allevamenti familiari concentrazioni di Pfos che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, potrebbero determinare il superamento del Tdi in specifici gruppi di popolazione.
In particolare, i valori riportati per alcuni corsi d’acqua superficiali del Veneto in merito al Pfos costituiscono un potenziale rischio di assunzione alimentare oltre il valore guida per esposizioni croniche (individuato da EFSA in 150 ng/kg bw), in quei gruppi di persone che abitualmente si cibano di risorsa ittica di cattura proveniente da corsi di acqua e bacini. Il rischio appare correlato all’entità del superamento dello standard di qualità ambientale (0,65 ng/l) delle acque, e ai consumi delle specie ittiche pescate nelle acque contaminate.
Considerazioni analoghe in termini di contributo all’esposizione alimentare sembrano porsi relativamente alle uova da galline allevate a terra; per questo prodotto alimentare la contaminazione è verosimilmente legata alla qualità del suolo e del suo biota, anche attraverso l’eventuale utilizzo agronomico di fanghi e ammendanti da essi derivati provenienti da fonti contaminate.
Per gli altri composti perfluoroalchilici, ed in particolare per il Pfoa, la qualità dei dati e le informazioni a disposizione non consentono di prospettare scenari di rischio legati all’assunzione alimentare. A fronte di valori elevati di Pfoa riscontrati nei corpi idrici superficiali, si osservano valori attorno al limite di rilevabilità analitica negli alimenti. Questo potrebbe essere spiegato dalla minore tendenza al bioaccumulo del Pfoa, in presenza di un TDI di 1500 ng/kg, dieci volte superiore a quello fissato per il Pfos.
La contaminazione ambientale già pluridecennale per la presenza di un insediamento produttivo di sostanze fluoro-organiche ad elevata persistenza ambientale situato in area di ricarica di falda in presenza di un acquifero indifferenziato (di Domenico e Zapponi, 1984; ARPA veneto – Dip. Vicenza, 2013) indica la rilevanza di misure di prevenzione primaria efficaci ai fini di ridurre le esposizioni alimentari nel breve e nel lungo periodo. A tale proposito, è importante approfondire gli aspetti legati alla produzione e consumo di cibo locale e alla conseguente assunzione di tali contaminanti da parte delle fasce di popolazione più esposte Si ritiene parimente rilevante la considerazione di pratiche agronomiche e zootecniche volte a ridurre il trasferimento della contaminazione dai comparti ambientali a quelli agro zootecnici”.
Parere Iss – Bibliografia e tabelle
10 marzo 2016