«L’acqua dell’acquedotto può essere bevuta, non creiamo inutili allarmismi». Parola di sindaco. È questa la risposta che, in questi giorni, i rappresentanti delle scuole materne e asili nido presenti nei territori dei 13 comuni veronesi coinvolti nel caso Pfas, si sono sentiti riferire una volta interpellati i rispettivi primi cittadini.
Nonostante ciò, da molto tempo, vari istituti scolastici hanno comunque già deciso autonomamente di limitare l’uso dell’acqua del rubinetto, come vedremo più avanti. Da Arcole a Legnago, da Bonavigo a Bevilacqua, la preoccupazione tra la gente riguardo al tema delle falde inquinate continua a salire.
Nelle scuole dell’infanzia, poi, l’allerta è massima, e nella confusione generale, comitati e genitori hanno immediatamente chiesto chiarimenti a chi, in paese, è chiamato a garantire la salute dei cittadini. «Il Comune segue con attenzione il problema – spiega il sindaco di Legnago Clara Scapin in una nota inviata alle scuole – siamo in costante contatto con Usl 21 e Acque Veronesi e abbiamo attivato una raccolta firme per chiedere che vengano abbassati i limiti dei Pfas e per trovare una fonte d’acqua alternativa».
«I pozzi del legnaghese – prosegue il primo cittadino – sono stati più volte controllati dall’Arpav e i risultati sono sempre rientrati nella norma». Il tema, com’era prevedibile, è approdato anche nei vari consigli comunali di questi giorni. «Ho avuto modo di tranquillizzare personalmente i rappresentanti delle scuole – ha detto l’altra sera Carlo Guarise, sindaco di Minerbe – leggendo i dati forniti dagli organi competenti, posso ribadire a tutti cittadini che l’acqua del nostro acquedotto è potabile».
Nonostante queste rassicurazioni, molte scuole dei paesi coinvolti hanno comunque già deciso, di recente o da diverso tempo, di non far più bere l’acqua del rubinetto ai loro piccoli alunni. «È solo da qualche settimana che abbiamo adottato questo provvedimento – racconta il presidente della scuola dell’infanzia “Madonna di Fatima” di Arcole, Stefano Crestan – ora diamo da bere ai bambini esclusivamente acqua in bottiglia. È stata una scelta presa in serenità dal comitato di gestione, dopo aver analizzato le acque del nostro acquedotto e aver riscontrato una leggera presenza di Pfas, seppur entro i limiti di riferimento».
«Inoltre – prosegue Crestan – per tenere i bambini lontani dai rubinetti, abbiamo fatto installare un boccione d’acqua accessibile a tutti». Nella maggior parte delle scuole, comunque, questo «divieto» è già stato adottato a partire dal 2014, da quando cioè il caso Pfas ha cominciato a balzare agli onori della cronaca. «Da due anni non utilizziamo più acqua di rubinetto durante il pranzo – conferma Lisa Mori, coordinatrice alla “Cherubina Manzoni” di Minerbe – in ogni classe, poi, le maestre hanno a disposizione bottiglie d’acqua e bicchieri di plastica, che vengono distribuiti ai bambini per la merenda del mattino e del pomeriggio».
Stessa cosa avviene alla «Maria Immacolata» della frazione San Zenone, alla «Carlo Steeb» di Cologna Veneta, in tutte le scuole statali di Legnago e alla materna di Zimella. L’importante, comunque, è non generalizzare. Scavando a fondo nelle varie realtà, infatti, il quadro si presenta assai variegato. Nelle scuole di Bonavigo, Bevilacqua e alla «Bambino Gesù» di Veronella, per esempio, l’utilizzo di acqua in bottiglia è una prassi consolidata da molto più tempo rispetto allo scoppio del caso Pfas. «Si è sempre fatto così», si limita a dire Maria Rosaria Menin, maestra alla scuola materna di Bevilacqua. Il provvedimento, in ogni caso, riguarda solo l’acqua da bere, mentre per la preparazione dei pasti, negli istituti forniti di cucina interna, continua ad essere usata tranquillamente l’acqua del rubinetto. Infine, c’è anche chi, staccandosi dal coro, aspetta l’evolversi degli eventi, senza cambiare abitudini. «Nella nostra scuola – spiega Elvira Simeone, coordinatrice della paritaria “Maria Bambina” di Vangadizza, frazione di Legnago – continuiamo a servire l’acqua del rubinetto ai nostri bambini, come abbiamo sempre fatto. Come tutti, siamo in attesa di disposizioni dall’alto».
Michele Buoso – Il Corriere di Verona – 30 aprile 2016