di Filippo Tosatto. Accusata da più parti, l’azienda chimica Miteni spa, nell’occhio del ciclone per il disastro ambientale che ha contaminato un ampio territorio dell’ovest vicentino, nega ogni responsabilità nell’inquinamento di falde e acque superficiali.
Ma uno studio epidemiologico condotto sui lavoratori che hanno operato nello stabilimento di Trissino perviene a conclusioni sconcertanti: a fronte di una concentrazione fisiologica di 4-5 nanogrammi di sostanze perfluoroalchilici per grammo di sangue, i valori riscontrati nel siero delle maestranze più esposte al trattamento dei Pfas raggiungono picchi di 47 mila (sic) nanogrammi. A documentarlo, non è un comitato di ambientalisti arrabbiati ma il direttore della Scuola di specializzazione in medicina del lavoro dell’Università Statale di Milano, Giovanni Costa, responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori Miteni (e prima ancora della Rimar, Ricerche Marzotto, che operava nel medesimo insediamento industriale), autore di una pubblicazione scientifica che riassume l’andamento dei test condotti tra 1978 e 2007, un arco di tempo cruciale, corrispondente – secondo l’Arpav che ha condotto i sopralluoghi e segnalato alla magistratura l’azienda vicentina – al processo di inquinamento delle falde nella valle del Chiampo e dell’Agno.
L’esito dell’indagine epidemiologica è riassunto e commentato da un articolo del professor Costa apparso sulla rivista scientifica americana «Journal of Occupational and Environmental Medicine».
Il campione in esame, 53 lavoratori di maschi di età compresa tra i venti e i sessantatrè anni, è stato sottoposto per trent’anni a visita medica e prelievo ematico con test tarati sul Pfas. I risultati? Tra i dipendenti ancora a contatto con le sostanze di sintesi (impiegate soprattutto per la produzione di materiali impermeabilizzati) il range dei valori spazia da 200 a 47 mila nanogrammi; per coloro che ne sono stati esposti in passato, il ventaglio spazia invece da 530 a 18.660. Conclusioni cliniche? Giovanni Costa non trova traccia di nuove o particolari patologie tra il personale di Trissino, segnalando tuttavia la «probabile interferenza»
dei Pfas con il metabolismo del colesterolo e dell’acido urico nei pazienti. Valutazioni coincidenti con quanto accertato dall’Organizzazione della sanità che nell’accumulo di sostanze perfluoroalchiliche nell’organismo, individua un fattore di rischio per la funzionalità epatica e renale
Il Mattino di Padova – 2 maggio 2016