Sottaciuto, minimizzato, da qualcuno persino ignorato, il problema dell’inquinamento da Pfas è esploso in questi giorni sui quotidiani veneti. “La nostra non è una terra dei fuochi, ma solo perché qui i veleni non ardono. Le sostanze tossiche in Veneto vengono sversate nell’acqua e sepolte nel sottosuolo, pratiche forse meno sfrontate dei roghi ma non meno nocive per l’ambiente e per la salute, come sta evidenziando in questi giorni la vicenda delle Pfas” scrive oggi il Corriere Veneto. Che dedica anche un articolo ai tanti “scettici” che da varie parti hanno in questi anni cercato di far passare l’emergenza sotto silenzio. E un intervento di Marco Milioni su Vvox sottolinea come i veterinari pubblici veneti da tempo ricordino quanto sia breve il passo dall’industria all’ambiente e dall’ambiente alla catena alimentare. La comunicazione della Regione sui risultati del biomonitoraggio ematico, su un campione di 507 residenti nel vicentino, comparati a quelli di territori veneti meno esposti, nonostante gli argomenti tranquillizzanti dei vertici della sanità regionale e dell’Iss, ha destato l’inevitabile allarme.
I valori elevati di contaminazione nel sangue dei vicentini ma anche, per alcune sostanze come i Pfos, in cittadini che vivono più lontani da quello che è considerata la fonte dell’inquinamento, hanno preoccupato tanto da intasare i centralini dei municipi e portato alla attivazione di un numero verde.
E adesso cosa succederà?
Martedì in consiglio regionale andrà al voto una risoluzione che chiede azioni di tutela legali per gli esposti alla contaminazione. I costi per il solo screening che la Regione Veneto si appresta ad effettuare su 250mila cittadini, tutti abitanti dei 31 Comuni le cui acque sono state contaminate dai Pfas, sarà di ben 150 milioni di euro all’anno e si protrarrà per dieci anni.
Il direttore dell’Area Sanità della Regione Veneto, Domenico Mantoan, spiega ad Alda Vanzan del Gazzettino che la settimana prossima sarà anche definito il protocollo degli esami da far eseguire ai 250mila esposti. «Pensiamo di dividere l’area dei 31 Comuni in tre fasce a seconda dei livelli di Pfas trovati nel sangue delle persone coinvolte nel biomonitoraggio. A seconda dei livelli faremo dei panel di esami: colesterolo, transaminasi, enzimi del fegato e del rene, markers tumorali». Il protocollo sarà definito da un pool di esperti (oncologo, anatomopatologo, farmacologo) assieme all’Iss. A carico di chi? «Intanto paga la Regione – dice Mantoan – Dopodiché spero che i politici si muovano. Hanno messo soldi per l’llva e la Terra dei fuochi. Questa contaminazione da Pfas e lo screening su 250mila persone non hanno precedenti. Forse solo Seveso quarant’anni fa».
Intato iniziano le convocazioni dei 507 sottoposti al test. Lunedì la Regione restituirà alle sedi sanitarie i risultati dei controlli sui cittadini. Ai soggetti interessati saranno fornite informazioni e spiegati i prossimi passi previsti dall’ iter. Tra 2 mesi al via il protocollo per eliminare le sostanze dall’organismo.
«Siamo di fronte ad un inquinamento significativo e certamente importante» spiega per parte sua a Filippo Tosatto del Mattino di Padova Loredana Musmeci, direttore del dipartimento Ambiente e prevenzione primaria dell’Istituto Superiore di Sanità che sta operando a fianco della sanità veneta. «Noi non stiliamo graduatorie, perché ogni fenomeno di contaminazione fa storia sè, ma sicuramente quanto è successo richiede un intervento straordinario. Solo in Campania, nella “terra dei fuochi”, abbiamo percentuali di popolazione esposta più elevate».
Sul fronte giudiziario, il procuratore della Repubblica di Vicenza, Antonino Cappelleri, si limita a confermare l’apertura di un fascicolo che ipotizza il disastro ambientale – diretta conseguenza delle denunce ricevute. Un altro fascicolo è aperto in Procura a Verona.
La questione Pfas in Parlamento e Unione europea
Intanto i parlamentari veneti provano a far breccia nel muro di indifferenza delle istituzioni e dei media nazionali. La senatrice Laura Puppato, capogruppo Pd in commissione Ecomafie, spiega al Mattino di Padova, di aver coinvolto il presidente e i capigruppo della commissione «perché sia aperto un fascicolo urgente. Per questo è stata immediatamente richiesta alla Regione la documentazione disponibile. La differenza tra il procurato allarme e l’allarme vero deve essere chiara e non lo è stata finora per la Regione, che non è stata abbastanza tempestiva nel prendere per mano la situazione».
La questione fluttua in Parlamento da quasi tre anni. Data addirittura 14 novembre 2013 l’interrogazione a risposta in commissione che i deputati vicentini del Pd Federico Ginato e Daniela Sbrollini hanno presentato all’allora ministro dell’Ambiente. Reazioni? «Non ho mai avuto il piacere di una replica – spiega Ginato -. Dai ministeri della Salute e dell’Ambiente voglio sapere se c’è un collegamento tra i valori riscontrati e possibili patologie. E, naturalmente, se questo collegamento dovesse essere accertato, bisognerà chiedere fondi al Governo per la bonifica delle acque superficiali».
La vicenda-Pfas arriva anche (e nuovamente) all’attenzione dell’Europa. A sollevare la questione è l’europarlamentare della Lega nord, Mara Bizzotto, che ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea.
Il nodo dei pozzi e degli allevamenti
Del tutto aperto il fronte dei controlli sui pozzi con cui le aziende agricole irrigano e gli allevatori abbeverano gli animali. La nota della Regione del 21 marzo scorso, che indicava alle Usl la necessità di analisi semestrali sulle acque a totale carico delle aziende ha provocato una levata di scudi del mondo agricolo, gia messo a dura prova dalla siccità e dal crollo dei prezzi. «L’impressione è che manchi una regia unica – osserva sull’Arena la Coldiretti vicentina – visto che ci sono Comuni che emettono ordinanze di chiusure dei pozzi ed altri no, per cui chiediamo che ci siano analisi e misure univoche in tutto il territorio interessato dal problema, in modo da programmare un risanamento reale dell’intera area».
Il presidente regionale della Coldiretti, Martino Cerantola, sottolinea sul Giornale di Vicenza come nella zona che ha fatto registrare le concentrazioni maggiori di Pfas ci sono almeno 150 aziende, per oltre 1.200 capi di bestiame. Capi che, con la bella stagione, consumano ognuno dai 60 ai 110 litri d’acqua al giorno.
«E con le ordinanze che hanno chiuso ipozzi – continua Cerantola – come facciamo? I provvedimenti dicono solo che l’acqua non si può utilizzare, ma soluzioni non ne propongono. Per le aziende collegate all’acquedotto si può pensare a un allacciamento alla rete idrica ma per le altre?». In sostanza, chi potrà, pagando, si allaccerà ai rubinetti. Per gli altri si prospetta una teoria di autobotti che faranno la spola finché la situazione non tornerà sotto il livello di guardia.
«Da quanto ci risulta – continua Cerantola – nella zona contaminata bisognerà provvedere a controlli semestrali. Oggi, ogni intervento costa dai 90 ai 150 euro: per ogni azienda si tratterebbe di una spesa aggiuntiva di 200-300 euro I’anno. E una cifra che di questi tempi non ci possiamo permettere, e in ogni caso è una questione di principio. Come minimo, dovrebbe arrivare qualche aiuto dalla mano pubblica. E’ chiaro che gli agricoltori non possono pagare per colpe non loro». Sullo sfondo, peraltro, resta l’incognita del futuro dei bovini contaminati, scrive sempre il Giornale di Vicenza. Sono almeno milleduecento animali che negli ultimi anni si sono abbeverati alle fonti “arricchite” di sostanze perfluoro-alchiliche. La durata relativamente breve della vita di un bovino dovrebbe impedire concentrazioni record di Pfas nelle carni, ma su questo fronte i dubbi si moltiplicano.
E i servizi veterinari?
In questo quadro allarmante, il ruolo e i compiti specifici dei servizi veterinari, totalmente “ignorati” nella nota regionale del 21 marzo, a firma di Francesca Russo, non sono per nulla chiari. Col rischio di differenti disposizioni da Usl e Usl. E la mancanza di chiarezza nelle indicazioni, unita alla confusione a livello di competenze, non è mai un buon viatico per la soluzione di emergenze sanitarie ed ambientali di vasta portata.
A cura Ufficio stampa Sivemp Veneto – 24 aprile 2016