Il Corriere del Veneto. Si chiama C6O4 e, dal 2013, ha sostituito il Pfoa nelle produzioni che includevano l’impiego dell’elemento poi risultato nocivo all’ambiente e tossico per l’uomo. Parliamo di Pfas o sostanze per-fluoro-alchiliche: quelle che, sversate dalla Miteni di Trissino, hanno inquinato le falde acquifere di oltre trenta Comuni del Vicentino ma anche delle province di Verona e Padova. Il nuovo composto chimico, sostiene Solvay, multinazionale che lo ha sviluppato e brevettato, è sicuro, diverso e migliore di quello a cui ha «rubato» il posto. Il C6O4, dice ora una ricerca dell’università di Padova, altera «in modo significativo, e per alcuni versi ancora maggiore del Pfoa, i processi biologici» di un organismo che abita la laguna di Venezia: la vongola verace.
Il punto sul problema con il professor Tomaso Patarnello. È il coordinatore della ricerca sviluppata dal dipartimento di Biomedicina comparata e Alimentazione e da quello di Biologia dell’ateneo padovano. «I risultati del nostro studio – spiega – dimostrano chiaramente che il C6O4 altera i processi biologici della vongola filippina o vongola verace. Si tratta di un organismo chiave per l’ecosistema lagunare, anche perché è “filtratore”, accumula le sostanze presenti nell’acqua». La vongola va dunque considerata una sorta di sentinella biologica. Secondo gli scienziati del Bo, l’esposizione al C6O4 ha generato nella specie osservata alterazioni «nei geni legati a processi biologici fondamentali, come la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso e il metabolismo lipidico».
Nota di Solvay di giugno 2020: l’azienda scrive in risposta al clamore suscitato dal ritrovamento di Pfas e C6O4 in una falda acquifera in provincia di Alessandria, dove il gruppo ha un sito produttivo: «Il C6O4 non ha le stesse caratteristiche del Pfoa ed è una sostanza chimica completamente diversa. Sulla base dei dati in nostro possesso, il C6O4 possiede un profilo tossicologico migliore. Inoltre, i dati disponibili indicano che il C6O4 non è bio-persistente e non è bioaccumulabile». La ricerca veneta, appena pubblicata da Environmental International, una della più autorevoli riviste scientifiche di studi ambientali, contraddice quantomeno quest’ultima affermazione. «Assolutamente sì – ribadisce Patarnello -. Abbiamo evidenza che già nelle condizioni normali questi animali hanno cumulato C6O4».
Altro dato di fatto: Arpav, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, ha rilevato alti livelli di C6O4 in acque sotterranee e nel Po. Spia rossa dell’allerta ecologica ma il passo ulteriore è obbligato: effetti sull’uomo? Il professore è netto: «Non sappiamo. Non voglio creare alcun tipo di allarmismo. Diciamo così: sulle vongole, che sono organismi sentinella se non altro della qualità dell’ambiente, hanno questo effetto. Cosa sappiamo di ciò che fanno sull’uomo? Nulla». Proprio dai rilievi Arpav erano partiti i ricercatori padovani: «Di questa sostanza usata in sostituzione di un elemento che ha creato tante polemiche e danni che sappiamo? Niente».
Il C6O4 è stato autorizzato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che, tra l’alto ha sede in Italia, a Parma. Gli studi citati da Solvay, in effetti, esistono: sono quelli commissionati a vari istituti dal produttore stesso, come previsto dalla legge, nel percorso che porta all’autorizzazione. «Abbiamo fatto questa ricerca senza un finanziamento dedicato e usando nostri fondi – conclude Patarnello – proprio perché, di fronte alle affermazioni sulla non pericolosità del nuovo elemento, abbiamo pensato: chi l’ha detto? Ovviamente sarebbe interessante poter avere finanziamenti dedicati alla ricerca sugli effetti per l’ambiente e l’uomo».