Chiamare a raccolta le imprese di una stessa città perché insieme giurino di abbonarsi all’Internet super veloce. E poi servizi talmente utili da costringere il cittadino a usare la Rete: dalla prenotazione online delle analisi cliniche (per conquistare gli anziani) all’e-learning per sedurre i ragazzi. E investimenti corposi nelle connessioni mobili, grande passione nazionale.
In un documento di 31 pagine, il governo Renzi mette a punto la sua “Strategia per la banda ultralarga”. Il sogno è rimediare allo storico tallone d’Achille del Paese, ancora maglia nera in Europa nelle connessioni al web rapido (che veicola dai 30 ai 100 mega di dati al secondo). L’obiettivo è anche scuotere i big privati delle tlc, che hanno il braccino corto in materia, ancora storditi dalla crisi. «Nel 2013 — si legge nel documento — solo 150 città erano oggetto di investimenti privati». Troppo poco. Il Piano del governo — in consultazione pubblica a dicembre — avverte che l’Internet super veloce, come ogni altro servizio, ha bisogno di clienti, di abbonamenti. Le condizioni ci sarebbero perché il nostro Paese «ha una media di 65 imprese ogni mille abitanti e punte di 100 per chilometro quadrato, nelle aree più produttive». Il problema è convincere gli imprenditori che le connessioni rapide generano fatturato grazie al commercio elettronico, grazie alla “nuvola” (il cloud) dove trasferire archivi, servizi, contabilità. Compito dell’Unioncamere e di Confindustria sarà «raccogliere le preadesioni » delle aziende alla banda da 100 mega. Prenotazioni degli abbonamenti che convinceranno le società di tlc a investire nelle zone più interessate al servizio.
Ma la domanda si impennerà anche quando lo Stato sarà in Rete. La situazione è problematica. Nel 2014, solo il 10% delle scuole elementari e il 23 delle medie ha connessioni super veloci. E nel 43% dei casi il collegamento arriva alla segreteria dell’istituto o al laboratorio tecnologico, non alle classi. Dove è impossibile organizzare lezioni multimediali. E ancora: oltre 1300 tribunali sono in digital divide . Faldoni cartacei quanti ne volete, latitano invece pc e fibra ottica.
Brilliamo nelle connessioni in mobilità. Paese fondato sullo smartphone e sul tablet, l’Italia ha il 66% della popolazione che naviga fuori casa (contro una media europea del 62). Le reti mobili d’avanguardia (Lte e Lte-A) assicurano al 60% delle persone delle vere autostrade per i dati. Su questo segmento, le società di tlc hanno puntato molto perché lo Stato ha imposto investimenti corposi quando ha venduto (nel 2011) le frequenze in banda 800 dove sviluppare il servizio. Ma le reti mobili vanno ora intrecciate a quelle fisse.
Nelle reti fisse gli investimenti sono anemici. L’effetto è che solo 310 mila famiglie (a marzo 2014) sono allacciate alla fibra. Il documento del governo calcola che le società di tlc si sbloccheranno solo tra il 2014 e il 2016 puntando 2 miliardi nelle infrastrutture fisiche (cavidotti, fibra, centraline). Ma serve un impegno ancora più corposo, anche pubblico. Oltre 1,9 miliardi per collegare tutta la popolazione italiana a 30 mega e tutti gli uffici statali, a 100. E altri 2,2 miliardi per connettere il 60% della popolazione anch’essa a 100 mega. Il sottosegretario alla Presidenza, Delrio, porta a casa in queste ore un buon accordo di partenariato con l’Ue, che promette 2,1 miliardi a questa partita (attraverso i fondi Fesr e Feasr). I privati — oltre ai 2 miliardi già promessi — potrebbero pun- tare un altro tesoretto, stimolati dalla defiscalizzazione del decreto Sblocca Italia. Si stima un esborso ulteriore fino a 2 miliardi. Il Piano teorizza, infine, una mobilitazione nazionale. Tutte le imprese pubbliche e private contribuiranno al “Catasto del sopra e sotto”, alla mappatura delle infrastrutture già esistenti (cavidotti, condotte) che fanno capo anche ad aziende estranee al web perché veicolano acqua o gas.
Repubblica – 6 novembre 2014