Oggi il ministro della Salute, Renato Balduzzi proporrà al Consiglio dei ministri di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il Piano socio-sanitario del Veneto nelle sue parti controverse.
Lo scontro tra Giunta (che lamenta la lesione dei suoi poteri esecutivi) e il Consiglio (che rivendica la competenza nella programmazione) è senza precedenti. Ascoltate le ragioni del governatore Luca Zaia – che coincidono con l’emendamento Coletto bocciato, a suo tempo, dall’aula – il ministero ha visionato quelle del Consiglio che ribatte alle contestazioni punto per punto. Giustificando, anzitutto, la durata del Piano regionale (5 anni rispetto ai 3 di quello nazionale) alla luce della «Complessità di tale strumento che riorganizza integralmente il sistema socio-sanitario veneto» e ricordando come anche Lombardia e Piemonte abbiano scelto l’opzione quinquennale. Circa il parere obbligatorio e vincolante nelle nomine dei manager (direttori generale, sanitario, amministrativo e dei servizi sociali) la tesi è che si tratta di figure chiamate all’attività di programmazione e di indirizzo, la cui selezione impone «Una costante e fattiva collaborazione istituzionale volta anche al risanamento del debito pubblico sanitario». Analoga riflessione sulle schede di dotazione ospedaliera: «La razionalizzazione della rete ospedaliera» è «un atto programmatorio di carattere generale» e perciò non può essere sottratta al parere del Consiglio che è «l’organo di rappresentanza democratica del territorio e determina l’indirizzo politico e amministrativo della Regione». Infine le norme che impongono a tutte le strutture sanitarie di rendere noti i finanziamenti pubblici ricevuti: «La ratio è quella di dare maggiore e più trasparente informazione ai cittadini sulla destinazione delle risorse regionali». In attesa della decisione del Governo Monti, la polemica politica si accende. La capogruppo del Pd, Laura Puppato, difende il «primato del Consiglio riconosciuto dallo Statuto» e sottolinea il valore delle norme di trasparenza, la cui bocciatura avrebbe «conseguenze molto pericolose». L’esponente democratica ricorda che «L’articolo 15 del Piano sancisce l’obbligo per le aziende, istituzioni o aziende sanitarie che ricevono finanziamenti o contributi della Regione, di rendere pubblici i bilanci e quanto hanno percepito, pena sanzioni» e conclude: «Si respira insomma un clima che ci fa percepire la dimensione della forza che le lobby economiche hanno rispetto al sistema di finanziamento pubblico». Di «giochi di potere» parla anche Antonino Pipitone, medico e consigliere dell’Idv: «Evitateci i soliti strali contro il governo centralista, brutto e cattivo. L’arroganza del potere propria di questa maggioranza pensa di essere al di sopra delle leggi dello Stato, che invece vanno rispettate. La politica dovrebbe guardare ai problemi veri, ad esempio alla fuga dei veneti che vanno a curarsi fuori regione. Un’emorragia, quella della mobilità passiva, che prosegue, al quale il Piano non offre alcuna risposta. Forse perché non c’è nessuna poltrona da spartire». «Il nuovo piano ha istituzionalizzato un meccanismo di controlli e veti incrociati», fa eco Diego Bottacin, di Verso Nord «le nomine del Consiglio fatte su proposte della Giunta e le delibere di Giunta valide solo se ottengono il parere favorevole Consiglio, mostrano come la politica sia più interessata ad influire sulle nomine e sui primariati, piuttosto che sui costi. Tutto questo è una forzatura evidente, ai limiti della legittimità».
Il Mattino di Padova – 10 agosto 2012