Stop al divieto assoluto di utilizzo degli impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori. Il loro utilizzo in azienda, infatti, non sarà più vietato di principio, ma consentito limitatamente in tre ipotesi: esigenze organizzative o produttive, sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale.
A stabilirlo è il dlgs approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri di attuazione della delega del Jobs Act (la legge n. 183/2014) sulla semplificazione degli adempimenti di lavoro, mediante la completa riscrittura dell’art. 4 della legge n. 300/1970 (Statuto lavoratori). Introdotto, inoltre, uno specifico regime sanzionatorio con l’ammenda da 154 a 1.549 euro e/o l’arresto da 15 giorni a un anno.
La vigilanza e il controllo. Il potere di controllo e vigilanza è una conseguenza del potere direttivo riconosciuto al datore di lavoro nei rapporti subordinato (dipendente) e che consiste nella facoltà di impartire regole alle prestazioni lavorative. Complementare al potere direttivo è il potere disciplinare, cioè la facoltà sempre del datore di lavoro d’infliggere sanzioni disciplinari ai lavoratori in caso d’inosservanza delle regole prefissate.
Il potere di controllo può essere esercitato direttamente dal datore di lavoro oppure da personale gerarchicamente preposto (nelle grandi aziende: direttori di personale, capi ufficio ecc.) o ancora mediante personale specializzato (addirittura anche agenzie investigative esterne).
In ogni caso, il potere di controllo non può valicare i limiti imposti dalla legge n. 300/1970 (Statuto lavoratori) per quanto concerne la disciplina dei controlli a distanza, delle perquisizioni (o visite personali di controllo) e degli accertamenti sanitari.
Quanto ai controlli, il datore di lavoro può effettuarli per motivi organizzativi o di sicurezza e, in ogni caso, sono ritenuti leciti solamente se vengono rispettati i principi di pertinenza e di non eccedenza.
Ad esempio, per i sistemi software è obbligatorio che essi siano programmati e configurati in modo tale da cancellare periodicamente e automaticamente i dati personali relativi agli accessi a internet e al traffico telematico, qualora la conservazione non sia necessaria.
Un divieto alleggerito. Dal potere di controllo (uno dei tre poteri insieme a quello direttivo e disciplinare, come detto prima) discende, per il datore di lavoro, la facoltà (diritto) di verificare l’esatto adempimento degli obblighi gravanti sul dipendente.
Infatti, il datore di lavoro ha il potere di controllare che il lavoratore, nell’esecuzione della prestazione lavorativa, usi la diligenza dovuta (art. 2104, del codice civile), osservi le disposizioni impartitegli (sempre art. 2104), rispetti gli obblighi di fedeltà (art. 2105 del codice civile), anche al fine di poter poi esercitare un’eventuale azione disciplinare nel caso in cui rilevi l’inosservanza di tali obblighi (art. 2106 del codice civile e art. 7 dello Statuto dei lavoratori).
Tale potere non è, tuttavia, assoluto, incontrando come un limite necessario il fatto che venga esercitato in modo tale da non ledere diritti fondamentali del lavoratore, come la dignità e la riservatezza.
È a tal fine che l’art. 4 dello Statuto lavoratori disciplina il divieto dei «controlli a distanza» a carico dei datori di lavoro.
Dopo il Jobs Act, in linea di principio, un divieto resterà: quello, cioè, di poter far «uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti che abbiano quale finalità esclusiva il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori». Rispetto alla vigente norma, il nuovo dettato dell’art. 4 ha di più quell’«esclusiva»: pertanto, il divieto è ridimensionato all’unica ipotesi in cui l’utilizzo degli impianti abbia il fine «esclusivo» di controllare l’attività dei lavoratori.
Non c’è divieto, invece, nel caso l’utilizzo di determinate apparecchiature (da cui possa derivare un controllo dell’attività dei lavoratori) sia necessario all’attività lavorativa stessa (esigenze organizzative o produttive) o per la sicurezza del lavoro o ancora per la tutela del patrimonio aziendale. In base alla nuova formulazione, dunque, l’utilizzo di questi impianti e apparecchiature non è più un’eccezione a una regola (il divieto), ma una facoltà del datore di lavoro dettata da specifiche esigenze e comunque subordinata all’osservanza di una specifica procedura.
La procedura sindacale. La procedura è sindacale, in via di principio; se manca (se l’accordo non è raggiunto), l’azienda può far ricorso a un’autorizzazione ministeriale. Valgono due eccezioni, tuttavia: sia l’accordo sindacale che l’autorizzazione non sono richiesti per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (si pensi al computer) e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite.
Da questo punto di vista, in verità, la nuova disciplina ha un ambito di applicazione più ampio rispetto a quello oggi vigente. Infatti, considerando esclusi quegli «strumenti» utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (anche de da questi possa derivare la possibilità di controllo a distanza), l’esonero è ben più ampio arrivando a comprendere qualunque strumentazione, di ogni tipo, inclusi dispositivi quali smartphone, tablet, posta elettronica, internet ecc.
In via di principio, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria (Rsu) o dalle rappresentanze sindacali aziendali (Rsa). In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, l’accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
L’autorizzazione. In mancanza di accordo sindacale, gli impianti e gli strumenti possono essere installati previa autorizzazione della direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più direzioni territoriali del lavoro, del ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La privacy. Le informazioni raccolte attraverso gli impianti e strumenti restano in ogni caso soggetti alla condizioni di poter essere utilizzabili solo a patto che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal dlgs n. 196/2003 (si veda altro articolo in altra pagina).
La nuova sanzione. Infine, con una modifica al dlgs n. 196/2003 la riforma introduce una specifica sanzione per i casi d’inosservanza della nuova disciplina sugli impianti audiovisivi (cioè sull’art. 4 della legge n. 300/1970), ossia la sanzione già prevista dall’art. 38 dello statuto dei lavoratori. Pertanto, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, la sanzione sarà l’ammenda da 154 a 1.549 euro o l’arresto da 15 giorni a un anno, con applicazione di entrambe le pene (sia l’ammenda e sia l’arresto) nei casi più gravi e ferma restando la possibilità, per il giudice, di quintuplicare l’ammenda (facendola quindi arrivare a 7.745 euro) qualora dovesse ritenerla inefficace negli importi ordinari, sulla base delle condizioni economiche del datore di lavoro.
ItaliaOggi – 14 settembre 2015