I fronti aperti. Arrivate via mail le lettere di richiamo del segretario leghista: un invito alla calma e all’unità del Carroccio. Ma le polemiche non si placano. E il governatore prende posizione: «Grillo deve fare il capo del governo»
TREVISO — «Le lettere, sinceramente, non sono la mia preoccupazione». Parola di Luca Zaia. «Le lettere, francamente, non credo rappresentino il problema della vita». Parola di Flavio Tosi, 109 minuti più tardi, quasi in contemporanea con l’arrivo di una raffica di mail che hanno richiamato all’ordine una dozzina di rappresentanti del Carroccio, colpevoli di avere criticato la linea del partito e l’insuccesso elettorale «al di fuori delle sedi opportune».
Le lettere di richiamo annunciate tre giorni fa dal segretario nathional al termine di un consiglio molto agitato, dunque, si sono trasformate in byte di posta elettronica, facendo sorgere il sospetto a più di qualche militante che fosse proprio la segreteria a voler sollevare il polverone mediatico («Se era una mail e non una lettera postale poteva anche mandarla subito, senza annunciarla», sottolinea qualcuno). E dunque, anche se le caselle di posta elettronica si sono riempite con un richiamo blando che si limita a un invito generico all’unità della Lega (con riferimento alla circolare di fine gennaio in cui si chiedeva ai rappresentanti del Carroccio di mantenere le polemiche tra i confini delle sedi di partito ed evitare i giornali), ieri il presidente della Regione Zaia, finito nell’elenco dei destinatari insieme a Massimo Bitonici, Gian Paolo Gobbo, Manuela Dal Lago, Corrado Callegari, Gianluca Forcolin, Toni Da Re, Paola Goisis, Giovanni Furlanetto, e altri, ha ribadito di non gradire l’iniziativa del suo segretario. E se Furlanetto ha ricordato che la lettera «equivale alla carta igienica», Zaia, nella giornata di ieri, prima ancora di ricevere il richiamo aveva detto: «Rigetterò al mittente qualunque messaggio volto a limitare la libertà di espressione. Io non voglio cariche, non cerco segreterie di partito, non cerco segreterie nazionali o federali. Non ho cordate e non ho correnti. Ma se qualcuno pensa di mettermi un tappo in bocca si sbaglia».
Zaia lascia anche margine a una sorta di stupore per le modalità e i contenuti del provvedimento. «Penso che Tosi sia una persona intelligente. Non può avallare un sistema nel quale non si possa dire quello che si pensa. Un discorso sono le offese, i danni che si possono fare, un altro è il dibattito che in un partito di così tanti militanti deve essere sereno». Ancora, il governatore estrae dalla memoria un episodio che classifica come personale ma a questo punto necessario in materia di autonomia di ragionamento e di dichiarazione: «Sono stato io a intervenire nel Consiglio federale, l’anno scorso, quando c’era il rischio che Verona fosse commissariata per le esternazioni del sindaco e infatti si è bloccato tutto. Tosi mi ha pure chiamato per ringraziarmi. Quindi io continuo a dire: non condivido le tue idee, ma difenderò fino in fondo il tuo diritto di esprimerle. Da parte mia confermo tutto quello che ho detto, nei contenuti e nei modi».
Cosa diversa è l’espulsione di Santino Bozza, decretata sempre nel consiglio nazionale di inizio settimana. «Sacrosanta – la definisce Zaia -. Se un militante invita a votare per un altro partito (come Bozza aveva fatto pubblicamente, ndr) non ci sono scuse». Per il resto, «che il partito sia lacerato dalle polemiche lo sa benissimo anche Roberto Maroni. Persona pragmatica, ci ha esortati tutti a lavorare per ricomporre l’equilibrio». Zaia aggiunge anche che vorrebbe avere tra le mani chi va a dire in giro che sta per nascere un altro partito: «In quel caso la richiesta di espulsione la farei io. Il problema qui è che danno fastidio le persone che ragionano».
Il governatore, comunque, ieri ne aveva per tutti. Per il tritacarne fiscale, per i privati che non pagano i loro fornitori e per la situazione di stallo politico a livello nazionale. «Le regole democratiche prevedono che se tu non hai il 51% ti devi confrontare con qualcuno quindi teorizzare che bisogna andare lì per cambiare significa che adesso bisogna farlo», ha concluso Zaia aggiungendo: «Resto convinto che Grillo debba fare il presidente del Consiglio».
Corriere del Veneto – 9 marzo 2013