L’allarme lanciato in via Caccialepori dai passanti, che puntano il dito contro un pittore 73enne che era stato visto mentre disseminava di pezzetti di carne il marciapiede. E che replica: “Erano avanzi per i randagi”
Il pittore, i cani che sporcano e le polpette ‘avvelenate’. Mistero buffo di Pasquetta, giallo – presunto – che prende a prestito il palcoscenico – vero – di un caposaldo della storia criminale di Milano: via Caccialepori, anche se poi l’etichetta rimase appiccicata a via Osoppo, e la rapina delle sette tute blu che venne messa a segno a quell’incrocio nel 1958 sublimò la leggenda della ligera, mala che rubava ma non torceva un capello.
Questa è una storia di animali e comincia quando, lunedì mattina, un paio di passanti chiamano il 113. Hanno visto il signor Aristide, 73 anni, pittore di provata quotazione che qui abita da una vita, disseminare il marciapiede di pezzetti di carne. Una ventina, ancora lì sull’asfalto quando l’equipaggio della polizia arriva e ne chiede conto all’anziano. L’antefatto sono baruffe di quartiere, se ne trovano tracce nelle rubriche delle lettere dei quotidiani: in via Caccialepori i cani fanno i loro bisogni e i loro padroni non sentono il bisogno di pulire, di circolare con sacchetto e paletta, i residenti se ne lagnano da anni coi ghisa e Amsa e con i diretti interessati senza che il malcostume sia cambiato.
Non c’è in realtà un esposto negli archivi, non una denuncia, non una memoria recente di un passo ufficiale. Al Consiglio di zona 7 ricordano liti vivaci su cani e padroni, ma al Parco delle Cave, non qui. Fatto è che lo zelante cittadino che chiama il 113, nonché padrone di animale al guinzaglio, sospetta che il pittore Aristide abbia spennellato
i venti pezzi di carne di sostanze nocive. Che siano, insomma, polpette avvelenate per vendicarsi col fai-da-te degli insozzatori di marciapiede. Riferisce di un cane intossicato tre settimane fa, di un altro morto l’anno scorso.
L’anziano, all’agente che gliene chiede conto, fa spallucce: “È carne buona, mi era avanzata dal pranzo di Pasqua e invece di buttarla l’ho messa qui per strada per qualche randagio affamato “. I poliziotti annotano. E sequestrano. La carne finisce in questura, su in laboratorio, al microscopio degli analisti della Scientifica. Se avariata o drogata, si tradurrà in una denuncia per maltrattamento di animali. Altrimenti, il pittore Aristide potrà tornare alle sue tele. E magari avere più cura dei suoi avanzi.
Repubblica – 4 aprile 2013