Alla Pisana l’intervento del governatore sullo scandalo che ha coinvolto i capigruppo del Pdl: “I tumori che stanno qua dentro come quelli della mia gola vanno estirpati”. Nel pacchetto di proposte per non dimettersi, azzerare i contributi destinati ai gruppi consiliari
ROMA – Un discorso durissimo, forse fuori tempo massimo. Catapultata sulle tv nazionali – non succedeva dai tempi dello scandalo Marrazzo – l’aula della Regione Lazio ha ascoltato in silenzio le parole di Renata Polverini. Vestita di bianco, è stata la prima a entrare e a sedersi tra i banchi. Il presidente del consiglio regionale, Mario Abbruzzese (per lui lavorano 18 segretari e 8 consulenti 1), ha aperto la seduta. Quando ha preso la parola, in piedi, per prima cosa la presidente dela Regione Lazio ha chiesto scusa.
“Chiedo scusa a tutti i cittadini. Del Lazio e del Paese, perché siamo andati oltre i confini regionali. Chiedo scusa alle istituzioni”.
Polverini ha parlato, concentrata a maneggiare lo scandalo sulle spese del Pdl che ha coinvolto in primis il consigliere Fiorito 6, e a prenderne le distanze. Così come le responsabilità. “In queste ultime due settimane la Regione è finita sulle prime pagine di tutti i giornali per l’uso abnorme e a dir poco disinvolto dei fondi al consiglio regionale destinati ai gruppi – ha detto -. Io ho sempre rispettato l’autonomia del consiglio e dei gruppi, ma oggi sono qui per dire che a prescindere dal momento storico nel quale stiamo vivendo, questo atteggiamento è considerato insopportabile e indecente”. Sono qui, ha spiegato “per dire basta”.
Una catastrofe che la presidente del Lazio non ha sottovalutato ma trasformato in una lotta da fare in prima persona. Pioggia sporca. “Paragonerei questa cosa – ha aggiunto Polverini – all’inondazione di Firenze, una catastrofe per la politica italiana e per le istituzioni come allora per le bellezze che la storia ci ha consegnato. Allora si decise di spalare fango e porre un argine affinché non succedesse più”. “Ho scelto questa sede perché anche se non ho la responsabilità amministrativa di ciò che è accaduto sento la responsabilità politica”, ha continuato.
Nessun gioco di parole, nessuna giustificazione. Polverini ha ribadito di essere pronta a pagare il prezzo di una dignità persa tra conti e fondi alla gogna. “Abbiamo sbagliato. Ma tutti dobbiamo pagare un prezzo alto se vogliamo ridare dignità alla Regione, alla politica, ai partiti e a noi”, ha continuato. “Non sono disponibile – ha aggiunto – a far giocare partite che non c’entrano nulla con l’azione di governo dai ‘cinici della politica’. Se ci sono colpe mi auguro che le condanne arrivino al più presto. Non sono qui per dare una rete di protezione a chicchessia. Se dobbiamo andare a casa ci andiamo oggi e senza reti. Con la vergogna che ci portiamo dietro”.
Vergogna e lotta, il governatore del Lazio si è detto pronto a affrontare entrambe. Una sfida politica e personale. Un male che arriva da fuori ma che va combattuto come una malattia. “I tumori che stanno qua dentro, come nella mia gola, vanno estirpati ora”, ha detto Polverini. Alluvioni, tumori, non solo, naufragi irresponsabili, come quello della nave Costa Concordia. Nelle parole di Polverini c’era la pesantezza di uno scandalo che l’ha travolta e trascinata. La delusione di regole non rispettate. “Abbiamo la possibilità di rilanciare una partita alta e far partire da questa regione un esempio che la politica quando raggiunge il fondo può risalire”, ha detto. “Dobbiamo superare questo scoglio difficile, siamo come la Concordia, ci siamo sfracellati, o siamo nelle condizioni di dire che invertiamo la marcia oppure non vale la pena di andare avanti”, ha aggiunto, perché “io non mi voglio vergognare di uscire di casa. Voglio guardare la gente in faccia. Nel tritarifiuti dove qualcuno mi vuole portare non ci sto”. Tutti. O nessuno. O si va avanti o “si finisce”.
“Di qui a breve – ha spiegato – farò una proposta sulla quale chiedo che tutti coloro che si sentono di partecipare con serietà alla giornata di oggi di esprimersi, ma non ho nessuna intenzione di fare un passo indietro. Stasera, stanotte, domani, facciamolo durare quanto vogliamo questo consiglio Ma o usciamo convinti che abbiamo voltato pagina o usciamo che siamo ex rappresentanti della Regione Lazio. Io per prima”. La decisione finale spetta all’aula. “Se sarò ancora presidente questa sera sarà l’aula a deciderlo”, ha detto. “Ringrazio e auguro buon lavoro a magistratura e guardia di finanza. Facciano chiarezza al più presto e se ci sono delle colpe, individuali o no, vadano perseguite e condannate. Nel rispetto delle persone oneste che sono qui, queste condanne arrivino al più presto”.
Azzerare i contributi destinati ai gruppi consiliari e sospendere quelli per il loro funzionamento. Dimezzare le commissioni consiliari e cancellare quelle speciali, oltre alla riduzione di consiglieri e assessori. Pubblicità immediata, al pari della giunta, delle deliberazioni e disposizioni di qualsiasi natura assunte dall’ufficio di presidenza e dal presidente, razionalizzazione dei fondi a loro assegnati Queste alcune delle proposte. E la revoca definitiva dell’assegnazione delle automobili di servizio per le cariche di natura consiliare. proposte da prendere, o da lasciar andare insieme a lei, e al suo incarico. Il governatore laziale non si è tirato indietro ma, ha ribadito, “la battaglia è una”. Non quella tra giunta e consiglio. L’istituzione “è una. Per arrivare in fondo bisogna stare insieme. Oppure non c’è niente per nessuno”. Polverini ha scelto di parlare da sola, da presidente. “Ho sempre lavorato, mi sono sempre pagata tutto. Posso tornare da dove sono venuta”, ha aggiunto. Poi, vedendo sorrisi in aula, ha detto stizzita: “non c’è niente da ridere, mi auguro che oggi ci si comporti da persone serie”. Perché le proposte che ha fatto sono fuori dalle trattative, e oltre il gioco: “Se non accettate le mie proposte, non abbiamo futuro. Me ne vado. Ci salutiamo stasera e la considereremo un’avventura o un incubo”.
La Regione Lazio si costituirà parte civile. “Se risulterà che quei soldi siano andati in una direzione in cui non dovevano andare, perché è giusto che ritornino nelle casse della Regione, andremo avanti anche con un’azione a tutela dell’immagine”. La governatrice ha sottolineato “noi tutti abbiamo sbagliato, chi più e chi meno, e tutti dobbiamo pagare ma è giusto che chi ha sbagliato di più paghi. Noi non facciamo i giudici, dobbiamo semplicemente dire alle persone che possono continuare a fidarsi di noi”.
“Nessun paragone ammesso”. Né con il sindaco ‘rottamatore’ di Firenze, Matteo Renzi, né con Marrazzo. “Non sono disposta a passare per la Regione delle ostriche e champagne. Non ci sto. Le persone che sono più vicino a me usano la carta di credito per andare a cena, come faccio io. Non so se quasta giornata si concluderà con un altro fallimento, con un’altra uscita del presidente della giunta del Lazio. E non ci sto nemmeno con chi dice che questo è un altro ‘caso Marrazzo’, non ho mai consentito a nessuno di utilizzare una parola irrispettosa nei confronti di Marrazzo, che ho anche sentito ma non voglio paragoni inaccettabili. Non tutti abbiamo sbagliato, non tutti abbiamo sbagliato allo stesso modo, ma tutti dobbiamo pagarne il prezzo. Questo è l’unico modo per consentirmi di non dimettermi”.
Le proposte sono state elencate. “Dobbiamo introdurre il collegio dei revisori regionale costituito da professionisti esterni nominati con sorteggio. Dobbiamo armonizzare il rendiconto tra consiglio a giunta. Sulla stessa strada andremo avanti per quello che riguarda il completamento della razionalizzazione delle società e degli altri enti partecipati. Alcune di queste cose possono essere fatte in una settimana. Servono tempi credibili e certi entro i quali questo diventa regolamento, legge, norma, trasparenza. In caso contrario, cari signori, in maniera avventurosa sono arrivata in Regione e in maniera tragicomica me ne vado con la coscienza pulita di chi ha dato tutto ciò che poteva dare. Da qui può partire una nuova stagione per la politica italiana. Se non succederà questo oggi qui, ora, come direbbe Renzi ‘adesso’, non abbiamo futuro come consiglio e giunta, perché chi arriverà dopo di noi la farà la rivoluzione, perché la farà. Nessuno che arriverà dopo di noi potrà portarsi questo fardello. Questo è quanto”. Fuori il palazzo, fuori l’aula, a via della Pisana, durante il discoso di Polverini, qualche cartello di protesta è stato srotolato, e qualche manifestante, ha gridato “vergogna”.
18 settembre 2012 – Repubblica