Accolto dalle polemiche per le commissioni giudicate eccessive, da lunedì 30 giugno entra in vigore il decreto che obbliga tutti gli esercizi commerciali e le attività professionali a dotarsi di un bancomat. Nessuno potrà rifiutarsi di accettare un pagamento tracciabile superiore ai 30 euro. Un ottimo strumento per dissuadere dall’uso del contante e far emergere il nero che rappresenta il 17 per cento del Pil. Con un grosso limite: non prevede alcuna ammenda nei confronti dei trasgressori. Basta contante: dal 30 giugno commercianti, artigiani, professionisti, chiunque sia in grado di fornire una merce o un servizio ai consumatori dovrà dotarsi di un Pos, il “point of sale”, quel dispositivo che permette di effettuare un pagamento con bancomat, carta di credito o debito.
Un obbligo che riguarderà tutti: dal dentista al venditore ambulante, dall’avvocato all’idraulico. Nessuno potrà più rifiutarsi di accettare un pagamento tracciabile, purché la somma dovuta non sia inferiore ai 30 euro. Dopo un paio d’anni di rinvi entra infatti in vigore un decreto che sembra fatto apposta per dichiarare guerra all’evasione spicciola e quotidiana, quella che a prima vista sembra innocua, ma che in realtà come l’altra – quella delle grandi cifre – va ad ingrossare la montagna della ricchezza prodotta in nero (più o meno il 17 per cento del Pil). L’obiettivo è nobile: dissuadere dall’utilizzo del contante (secondo la Banca d’Italia i pagamenti elettronici pro capite sono 74 l’anno contro i 194 di media dell’Eurozona) e colpire l’evasione fiscale. Ma il decreto che introduce il Pos per legge non ha strumenti adatti a difendere le buone intenzioni: non è contemplata nessuna sanzione a carico di chi non rispetterà l’obbligo. L’arma è spuntata.
Il solito compromesso. “E’ la solita norma all’italiana”, commenta il Codacons. E’ in realtà il solito compromesso: la sanzione è stata “dimenticata” perché installare e utilizzare un Pos, in Italia costa più caro che altrove. Secondo uno studio effettuato dalla Cgia di Mestre – tenendo conto delle condizioni praticate dai principali istituti – la spesa media per un imprenditore che incassa via Pos 100mila euro l’anno, varia infatti dai 1.183 euro previsti per chi si accontenta del modello base, ai 1.208 pagati dal commerciante, artigiano o professionista che sceglie il Pos cordless (senza fili), fino ai 1.240 versati da chi decide di avvalersi di un dispositivo Gsm. Cifre calcolate al netto, tenendo conto della deducibilità applicabili agli oneri in questione.
Di fatto spese di attivazione, commissioni mensili e commissioni sulle singole operazioni sono a carico di chi chiede l’installazione del Pos. Alcune banche concedono il dispositivo in comodato d’uso; diverse associazioni si sono già mosse per ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle standard (gli artigiani liguri della Cna, per esempio, hanno siglato un’intesa con le carte di pagamento Qui!Group), ma nella media i costi sono elevati e gli accordi mancanti. Lo ha ammesso lo stesso ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi che parlando alle assemblee di Confcommercio e Confesercenti si è impegnata ad “attivare un tavolo di confronto con le banche e con gli operatori per ridurre i costi legati alla disponibilità e all’utilizzo dei Pos”. Ma “non possiamo aspettare ancora – ha poi precisato – il costo legato al massiccio utilizzo del contante è eccessivo”. Al momento i tavoli promessi non sono stati ancora convocati, ma per calmare la protesta di professionisti e lavoratori autonomi, ecco che il decreto entra in vigore senza sanzioni.
Imbarazzo. Rimandare l’obbligo di Pos alla firma di tali accordi avrebbe infatti creato qualche imbarazzo al governo, perché il provvedimento in questione arriva da lontano. Era inserito nel decreto crescita varato nel 2012 dall’allora esecutivo Monti con decorrenza prevista al primo gennaio di quest’anno, ma la partenza è stata poi rinviata di altri sei mesi. Nel frattempo il testo del decreto è stato oggetto di vibrate proteste da parte delle categorie interessae e di un ricorso al Tar del Lazio – respinto – da parte dell’Ordine degli architetti.
Resta da capire cosa succederà nel caso in cui il commerciante, il professionista o l’artigiano in questione non si siano dotati di Pos. Al cliente infatti è riconosciuto il diritto di pagare via card, ma se non sarà messo nelle condizioni di poterlo fare non potrà certo ottenere il bene o il servizio gratis. La circolare dedicata dal Consiglio nazionale forense agli iscritti all’Ordine degli avvocati parla chiaro: “Qualora il cliente dovesse effettivamente richiedere di effettuare il pagamento tramite carta di debito e l’avvocato ne fosse sprovvisto – sta scritto – si determinerebbe semplicemente la fattispecie della mora del creditore che, come è noto, non libera il debitore dall’obbligazione. Nessuna sanzione è infatti prevista in caso di rifiuto di accettare il pagamento tramite carta di credito”. Quindi, prima o dopo il cliente paga, con o senza Pos.
Pos obbligatorio, protesta dei professionisti
Si comincia con l’obbligo di ricorrere a pagamenti tracciabili — assegno, bonifico, carte di credito o bancomat — per i servizi o i lavori di importo oltre i 30 euro resi da artigiani, professionisti, piccoli esercenti. Domani 1° luglio parte invece la «minipatrimoniale» ovvero l’innalzamento dal 20% al 26% dell’aliquota sugli interessi del conto corrente o di deposito e sulle plusvalenze relative ad azioni e obbligazioni tranne che i titoli di Stato e i buoni postali.
La prima questione è stata dibattuta per mesi come «la guerra del Pos», la macchinetta che consente il pagamento con bancomat o carta di credito. Il timore della platea dei circa 1,5 milioni di professionisti (architetti, ingegneri, medici, avvocati), artigiani (specie quelli che non hanno una sede come idraulici, falegnami, tassisti) e piccoli commercianti è stato di subire l’obbligo di installare un Pos per i pagamenti, perché per legge oltre i 30 euro il cliente può pretendere di non pagare in contanti.
Sulla norma introdotta dal governo Monti la battaglia è stata dura: le associazioni di categoria sono riuscite a ottenere lo slittamento di sei mesi per l’entrata in vigore, da gennaio 2014 a fine giugno, e soprattutto l’assenza di sanzioni. In sostanza non ci sono punizioni per chi non si doterà di questo strumento. E c’è una ragione: l’obiettivo della norma è ottenere pagamenti tracciabili ai fini fiscali entro i mille euro (oltre questa cifra scatta il divieto dei contanti per le regole antiriciclaggio). E un assegno o un bonifico sono assolutamente adeguati allo scopo, fermo restando che il cliente può comunque ancora pagare in contanti. Per questo i professionisti — che già ricorrono a questi canali — tirano un sospiro di sollievo per aver evitato l’obbligo del Pos, una stangata di almeno 15o euro di costi fissi più le commissioni pagate alle banche e ai circuiti dei Pos (la stima è del Consiglio nazionale degli architetti). Per la Cgia di Mestre il costo totale sarà di circa 1.200 euro l’anno e per Confesercenti addirittura di 1.700 euro nel caso di una piccola o media impresa da 50 mila euro di transazioni l’anno, che equivalgono complessivamente a 5 miliardi di euro per le imprese italiane.
Critici sull’applicazione della norma sono soprattutto artigiani e piccoli commercianti: «L’interesse dello Stato viene scaricato nel rapporto/conflitto di interessi tra privato e operatore economico», lamenta la Confederazione nazionale artigiani (Cna). Il timore è soprattutto per «ambulanti e operatori senza sede»: anche senza obbligo del Pos sarà il mercato a forzarli a richiederlo — sostengono — per evitare di perdere i clienti, con gli inevitabili costi di attivazione e transazione. Per questo motivo Adusbef e Federconsumatori hanno chiesto al governo di intervenire «per un abbattimento dei costi ed evitare che siano i cittadini a pagare il costo della modernizzazione e della trasparenza, elargendo l’ennesimo regalo alle banche», dicono i presidenti Elio Lannutti e Rosario Trefiletti.
I commercianti: “Una batosta da 5 miliardi”
“Ben vengano i Pos, ma non se si pensi di scaricarne tutti i costi su di noi”. Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti, assicura che i commercianti non hanno niente in contrario riguardo alla diffusione della moneta elettronica, ma premette che il decreto, applicato alle attuali condizioni, per le imprese si trasformerebbe “in una batosta da 5 miliardi l’anno”.
Davvero il Pos piace ai commercianti?
“Certo, la sicurezza che garantisce è un bel vantaggio anche per noi, quello che non va è il costo che siamo chiamati a pagare per installarlo in negozio. Abbiamo fatto i conti: un imprenditore che realizza transizioni per 50mila euro l’anno fra canoni, commissioni, costi di installazione e utilizzo della postazione Pos pagherà alla fine dell’anno 1.700 euro. Nel complesso il mondo delle imprese verserà per questo servizio 5 miliardi. Per i piccoli esercizi è un balzello insopportabile, i pesi vanno redistribuiti”.
Come?
“Tenendo conto che le piccole imprese sono particolarmente penalizzate. Le attività a basso margine di redditività vedono il proprio utile cancellato dalle commissioni bancarie: penso soprattutto ai gestori di carburanti, tabaccai, edicolanti e bar”.
Perché le associazioni non s’impegnano a firmare convenzioni con le banche per garantire i piccoli? E perché non privilegiare, per esempio, chi concede il comodato d’uso gratis?
“E’ difficile ottenere condizioni estensibili ad attività così diverse fra di loro. Quanto ai comodati d’uso il mondo bancario, in realtà, è compatto: se ti fanno sconti sull’installazione poi ti fanno pagare di più il servizio, o viceversa”.
Confesercenti cosa propone?
“Di abbandonare l’approccio coercitivo utilizzato fino ad ora e percorrere la strada degli incentivi fiscali da riservrare a imprese e consumatori che usino le carte di debito e di credito. Per ampliare l’utilizzo della moneta elettronica basterebbe prevedere un punto di Iva in meno per il consumatore che paga via card e dare all’esercente la possibilità di ottenere sgravi in credito d’imposta. In altri paesi, penso alla Corea del Sud e all’Argentina, hanno fatto così e ha funzionato”.
Ora l’accettazione di un pagamento via card diventa obbligatorio, ma in realtà non è prevista sanzione per chi non si adegua. Facile pensare alle defezioni, voi cosa consigliate ai vostri iscritti?
“Di dotarsi comunque di Pos, perché l’andamento dei consumi è già abbastanza drammatico e rifiutarsi di garantire al cliente un servizio richiesto non è mai una buona strategia”.
I consumatori: “Vanno installati gratis”
“E’ un mezzo passo avanti, ma certo non sarà questo decreto a far sì che in Italia finalmente decolli la moneta elettronica”. Per Antonio Longo, presidente del Movimento difesa del cittadino e della Iepc (Italian e-payment coalition) gli effetti pratici dell’obbligo di Pos saranno limitati. “Le cose cambieranno davvero – dice – solo quando coinvolgeremo le banche”.
Presidente, ma per favorire la tracciabilità dei pagamenti, non basterebbe prevedere una sanzione per chi non aderisce all’obbligo di Pos?
“Non è detto che ciò possa bastare, sarebbe meglio intervenire sui costi. In Italia sono eccessivi, fra i più alti d’Europa: non sostenibili da una piccola impresa che per affittare un Pos deve sborsare commissione da 40-60 euro medi al mese, con punte che possono arrivare ai 100”.
Colpa delle banche dunque?
“Sicuramente sarebbe buona cosa se i Pos venissero installati gratis o con canoni e commissioni contenuti. Banche e istituti d’emissione hanno le loro responsabilità, ma vero guaio è che da noi domina ancora la cultura del contante. Un atteggiamento non più difendibile visto che, come certifica la Banca d’Italia, solo per produrre e far circolare moneta paghiamo 8 miliardi l’anno, senza mettere in conto i costi della sicurezza”.
La Commissione europea ha appena approvato una direttiva che disciplina il sistema dei pagamenti elettronici e mette un tetto alle commissioni interbancarie. Non le pare una buona cosa?
“No, purtroppo. L’intento della Commissione è positivo, ma i risultati potrebbero non esserlo. Le banche, che incasserebbero di meno dalle commissioni, potrebbero rifarsi sui cittadini aumentando i costi a loro carico su carte di credito e bancomat. L’esperienza ci dice che il rischio è notevole: in Spagna, dopo un accordo fra le associazioni dei consumatori e le banche è andata a finire proprio cosi. Gli accordi favoriscono la grande distribuzione, ma i piccoli commercianti che hanno un numero di transizioni limitato non riescono ad ammortizzare i costi della installazione”.
Se le sanzioni e il tagli non bastano, cosa si può fare per diffondere anche da noi il pagamento elettronico?
“Bisogna lavorare per un cambio di mentalità e fare in modo che tutti i soggetti interessati, consumatori, banche, società emittenti s’impegnino nell’operazione che – ricordiamolo – permetterebbe di far emergere la ricchezza sommersa. Se i commercianti faranno una battaglia per ottenere i Pos in comodato d’uso gratuito noi saremo al loro fianco”.
Per saldare il conto è possibile usare anche assegni e bonifici Commercianti, artigiani e liberi professionisti, con modalità diverse, da oggi dovranno dotarsi del Pos (Point of sale), il terminale per i pagamenti elettronici, e quindi accettare pagamenti con bancomat o carta di credito dai propri clienti. L’obbligo è già in vigore per le imprese e i professionisti che hanno realizzato, nell’anno precedente, un fatturato superiore a 200 mila euro. Ora viene esteso a tutti coloro che forniscono merci o servizi ai cittadini: dal dentista al venditore ambulante, all’avvocato. Per idraulici, elettricisti, falegnami, antennisti, manutentori di caldaie e tutti coloro che svolgono la loro opera per lo più nel domicilio del cliente sarà obbligatorio possedere un terminale Pos mobile. La misura serve a combattere l’evasione fiscale sia attraverso la tracciabilità delle spese e degli incassi sia tramite la riduzione dell’utilizzo del denaro contante nelle transazioni.
Nonostante la lunga gestazione del provvedimento di cui si parla dal 2012, l’entrata in vigore non prevede al momento sanzioni per chi non si adeguerà. Va detto che la nuova norma ha generato diverse interpretazioni, oltre a proteste e ricorsi da parte di alcuni Ordini professionali. Secondo la lettura prevalente, la norma non obbliga gli studi professionali a dotarsi di Pos, bensì dà facoltà ai clienti privati di poter pagare con il bancomat le fatture superiori ai 30 euro. Il Consiglio nazionale forense ha emanato un’apposta circolare sul tema specificando appunto che non si tratta di un obbligo ma di un onere. Il ministero delle Finanze, rispondendo a un’interrogazione, ha aderito a questa tesi.
Vediamo ora di chiarire come funziona il meccanismo. Innanzitutto l’obbligo di accettare pagamenti elettronici, o comunque tracciabili, a partire da una spesa di 30 non vuole dire che per le spese superiori ai 30 euro è obbligatorio pagare con carta o bancomat. Resta una facoltà del cliente quella di chiedere tale tipo di pagamento. Se l’esercente o il professionista fosse sprovvisto di Pos il cliente non sarà ovviamente esentato dal saldo della spesa ma dovrà farlo con altre modalità. Per esempio con un bonifico bancario o un assegno, che l’esercente sarà comunque obbligato ad accettare. Quando si tratta di prestazioni di studi professionali, architetti, commercialisti o avvocati, va indicato nel mandato che il cliente intende saldare la parcella con il bancomat.
Le associazioni di categoria hanno protestato a causa dei maggiori costi che dovranno sostenere per adeguarsi alle nuove regole e per le commissioni che dovranno pagare ai circuiti bancari ai cui terminali sono collegati. I quali, tuttavia, si stanno attrezzando proponendo convenzioni agli Ordini professionali o condizioni particolari ai liberi professionisti. La sensazione è che i costi verranno scaricati sul cliente finale.
Repubblica e Corriere della Sera – 30 giugno 2014