di Enrico Marro. Riunione fiume al ministero dell’Economia, ieri, per tentare di chiudere il testo del decreto legge sul «reddito di cittadinanza» e «quota 100» così da poterlo sottoporre stasera o al massimo domani all’approvazione del consiglio dei ministri. Ed evitare così un altro slittamento che metterebbe a rischio la partenza dell’operazione nei tempi previsti (cioè da aprile) su entrambi i fronti, quello del sussidio ai poveri e quello delle pensioni per chi ha almeno 62 anni d’età e 38 di contributi.
Fino a tarda sera, a via XX settembre, sede del ministero, i sottosegretari Laura Castelli (M5S), Massimo Garavaglia (Lega) e Claudio Durigon (Lega, sottosegretario al Lavoro), insieme con il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, hanno limato il testo del decreto legge e della relazione tecnica che lo accompagnerà, senza i quali la Ragioneria non può procedere alla “bollinatura” cioè al via libera finanziario, quello che certifica la copertura delle spese previste. I testi, secondo Durigon, saranno pronti per questa mattina, per il vertice politico che dovrebbe svolgersi a Palazzo Chigi con la partecipazione dei vicepremier Di Maio e Salvini.
Non tutte le questioni sono state risolte. Quella dell’ampliamento della platea delle pensioni di cittadinanza a beneficio dei disabili che attualmente prendono 285 euro al mese dovrebbe essere rinviata ad emendamenti da presentare prima che il decreto sia convertito in legge dal Parlamento. Basterà al capo della Lega, Matteo Salvini, che su questo punto alcuni giorni fa ha rimesso in discussione le bozze del decreto?
Molto lavoro ha richiesto anche la messa a punto della platea interessata a «quota 100», per essere sicuri che lo stanziamento di 3,9 miliardi per quest’anno sia sufficiente. Sulle pensioni, infatti, non c’è una clausola di salvaguardia come sul reddito di cittadinanza, dove in caso di eccesso di domande accolte rispetto alle previsioni, il governo provvederà a rimodulare al ribasso l’importo massimo del sussidio (ora stabilito in 780 euro per un single). Sulle pensioni è diverso. Trattandosi di un diritto soggettivo, una volta maturata, la pensione va messa in pagamento secondo l’importo dovuto.
Alla fine, secondo le ultime stime, dovrebbero essere 290 mila quelli che andranno in pensione con «quota 100» quest’anno, cui si aggiungeranno 32 mila pensionamenti in più per la «proroga di opzione donna», 15 mila «precoci», 12 mila per il blocco dello scatto di 5 mesi sulle pensioni di anzianità e 6 mila per la proroga dell’Ape sociale. Per un totale di 355 mila pensioni in più, di cui 130 mila riguardanti i dipendenti pubblici. Complessivamente la spesa sarebbe di 4,7 miliardi, ma non ci sarebbero ancora tutte le coperture necessarie.
Un altro problema non completamente risolto riguarderebbe la liquidazione per gli statali che andranno in pensione. Per evitare che aspettino anni, il decreto prevede che dopo una convenzione tra lo Stato e le banche la somma possa essere anticipata dagli istituti di credito, magari non tutta ma in buona parte, secondo le ultime indiscrezioni. Sul prestito dovranno però essere pagati degli interessi. Se se li accollasse anche solo in parte lo Stato dovrebbe essere trovata una copertura ad hoc, difficile da calcolare in mancanza della convenzione, appunto.
Infine, secondo i tecnici che hanno partecipato alle riunioni, 5 Stelle e Lega stanno litigando sulla esatta ripartizione tra i due fondi, quello di 3,9 miliardi per quota 100 e quello di 6 miliardi per il Rdc. Piccole somme, ma basta poco a far saltare un equilibrio che appare comunque precario.
corsera