Le preoccupazioni riguardano in primo luogo mais e soia, che costituiscono la base dell’alimentazioni in molti tra i paesi più poveri. Soltanto nel mese di luglio i prezzi sono cresciuti rispettivamente del 25% e del 17% rispetto a giugno, ma nuovi record sono stati raggiunti in agosto. In media i prezzi dei cibi monitorati dalla World bank sono cresciuti, sempre in luglio, del 10%.
Ma a livello locale gli aumenti dei costi stanno mettendo in ginocchio le popolazioni. In Mozambico il prezzo del mais è cresciuto in un mese del 113%, nel Sud Sudan del 220% e in Sudan del 180%. Aumenti “brutali”, secondo la definizione di Kim. Ma è tutta l’Africa, insieme al Medio Oriente, a mostrarsi particolarmente vulnerabile.
A rischio sono “la salute e il benessere di milioni di persone”, ha aggiunto il presidente della Banca mondiale, e la crisi non è destinata a risolversi a breve, anzi. I prezzi sono destinati a rimanere elevati e volatili nel lungo termine.
Dietro la fiammata dei prezzi ci sono indubbiamente fattori climatici avversi, ma ad amplificarla contribuisce in maniera sempre più importante la speculazione.
Gli Stati uniti stanno vivendo la peggiore siccità degli ultimi 25 anni; le alluvioni in Russia e le piogge eccezionali in Brasile hanno danneggiato i raccolti, riducendo la produzione anche in qui paesi.
Per la finanza, o buona parte di essa, questo diventa “occasione”: se la produzione diminuisce, i prezzi aumenteranno, offrendo la possibilità di realizzare guadagni speculando sulle commodities, le materie prime alimentari.
Nel 1996 l’88% dei contratti stipulati sul grano erano “reali” (vale a dire da parte di produttori, trasformatori, commercianti a vario titolo) e appena il 12% speculativi, finalizzati cioè esclusivamente a realizzare un guadagno scommettendo sul prezzo. Oggi la speculazione è dominante: il 65% dei future (contratti “derivati” a termine) sul grano sono pura speculazione.
La Banca mondiale si è detta pronta a rafforzare il suo programma di assistenza all’agricoltura, per la quale ha già stanziato, quest’anno, 9 miliardi di dollari. Ma senza una vera lotta alla speculazione fiananziaria, non si può pensare di vincere la guerra contro la fame.
31 agosto 2012