Michela Nicolussi Moro. Secretati. Ieri la Regione ha inviato alle aziende sanitarie una nota in cui chiede di togliere dai loro siti ufficiali i compensi dei medici. Sia lo stipendio percepito per l’attività istituzionale in ospedale e in ambulatorio sia i proventi della libera professione, oltre allo stato patrimoniale, ovvero beni mobili e immobili dei camici bianchi, finora obbligati a comunicarli al datore di lavoro da una deliberazione emessa dall’Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) l’8 marzo 2017.
Ora tutto questo sparirà dalla rete, perché una sentenza del Tar «sospende l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare sul proprio sito istituzionale il dato trasmesso da ciascun dirigente (medico) sull’importo complessivo degli emolumenti percepiti a carico della finanza pubblica». E sospende pure l’obbligo del dottore a comunicarli. Sulla base di tale pronunciamento, l’Anac ha deciso di fare un passo indietro e di sospendere anche la propria delibera del marzo 2017. Il Tar si è espresso in merito al ricorso presentato dal Garante della Privacy, a sua volta sollecitato dall’Anaao, il sindacato degli ospedalieri, che era tornato alla carica a dicembre, dopo la pubblicazione sui giornali dei redditi della libera professione dei camici bianchi seguita al «caso Litta», il chirurgo della Clinica ostetrica dell’Azienda ospedaliera di Padova scoperto dalle telecamere di «Petrolio» (Rai 1)a intascare 250 euro in nero per una visita privata e a chiederne altri 2mila per saltare le liste d’attesa.
«Non si capisce perché debbano essere resi noti solo gli stipendi dei medici e dei dirigenti sanitari e non quelli degli altri professionisti», aveva contestato Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao, che forte della sentenza del Tar nelle scorse ore ha inviato al governatore Luca Zaia, all’assessore alla Sanità, Luca Coletto, al direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, e ai dg delle aziende sanitarie una diffida. «Intimiamo di procedere alla rimozione di tali dati — recita la lettera — in caso di inottemperanza patrocineremo la presentazione di ricorsi da parte dei nostri iscritti dinanzi al Garante della privacy o in sede giudiziaria, al fine di ottenere la tutela del diritto alla riservatezza e il risarcimento dei danni patiti». Allo stesso tempo, il sindacato ha mandato un avviso ai propri rappresentanti nelle varie Usl, esortandoli ad appurare la cancellazione dei compensi dal web. «Il dirigente sanitario non è più tenuto a ottemperare alle eventuali richieste di trasmettere il dato reddituale alla propria amministrazione — si legge — e quest’ultima deve rimuoverlo dal proprio sito istituzionale. Vi prego pertanto di monitorare nelle vostre aziende la corretta applicazione delle disposizioni e, se necessario, di sollecitarla».
Finora le Usl hanno chiesto ad ogni medico dipendente di notificare il proprio stato patrimoniale — stipendio istituzionale, compensi della libera professione, beni mobili e immobili —, che poi hanno pubblicato on line. «Ma non avremmo dovuto comunicare i ricavi della libera professione — precisa Benazzato — perché coperti dalla privacy. Quanto alle proprietà, l’elenco va aggiornato ogni anno ed è un lavoro immane, che richiede ogni volta una settimana di lavoro, anche perché gravato da una burocrazia infinita. La sentenza del Tar è una vittoria: ripristina gli equilibri tra le varie figure professionali della sanità, tutela la nostra privacy e ci solleva da un onere che comporta tempo e fatica. E che non ha nemmeno senso — chiude il segretario dell’Anaao — perché noi non maneggiamo soldi, ma solo risorse umane e tecnologia».
Il Corriere del Veneto – 12 aprile 2018