Il numero uno dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, la definisce «una rivoluzione copernicana». E il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, annnuncia: «Attueremo la linea dura contro i corrotti usando le stesse misure di prevenzione previste per i mafiosi». Certo è che le prefetture da oggi devono essere in prima linea contro le infiltrazioni di tangenti e corruttori negli appalti pubblici.
Al Viminale ieri Cantone e Alfano hanno firmato il protocollo d’intesa che adotta le linee guida anticorruzione: fornisce indicazioni esecutive ai prefetti sulla base del decreto legge 90/2014. Norma che prevede, come aveva invocato Cantone, di integrare i poteri di controllo anti-infiltrazione mafiosa dei prefetti con un analogo meccanismo in funzione anticorruzione nelle gare pubbliche. Così, per definire norme ancora più severe contro le infiltrazioni mafiose, i protocolli di legalità stipulati finora dalle prefetture con i soggetti coinvolti nella gestione dell’opera pubblica – contraente generale, stazione appaltante e operatori della filiera dell’opera – d’ora innanzi dovranno contemplare anche condizioni di trasparenza e di legalità non solo in funzione antimafia. Con una novità decisiva: l’introduzione della clausola in capo alla stazione appaltante che può risolvere il contratto (articolo 1456 codice civile) «ogni qualvolta l’impresa non dia comunicazione del tentativo di concussione subito, risultante da una misura cautelare o dal disposto rinvio a giudizio nei confronti dell’amministratore pubblico responsabile dell’aggiudicazione» come si legge nel testo. Tanto che, sottolinea Cantone, «ho raccomandato alla società Expo di firmare subito il protocollo di legalità in modo che in tutti i bandi futuri sia prevista la risoluzione del contratto in presenza di fatti corruttivi: questa regola avrebbe evitato tanti problemi verificatisi finora».
In generale i prefetti, d’intesa con l’Anac (autorità nazionale anticorruzione), che lo richiede, adottano misure di intervento – fino alla gestione straordinaria – nei confronti dell’impresa coinvolta nei fatti di corruzione. L’obiettivo principale resta «garantire l’esecuzione del contratto pubblico nei tempi previsti». Per i prefetti in effetti è una sfida senza precedenti ma Cantone conta proprio sull’autorevolezza e l’impegno di questa figura istituzionale per incidere sul territorio in prevenzione anticorruzione, che è poi la grande scommessa dell’Anac.
Le prefetture, in base al recente Ddl sul riordino della Pa, accorperanno le altre strutture dello Stato in sede locale e rilanceranno il modello dell’Utg (ufficio territoriale del governo). I prefetti, che «eventualmente, dice la norma», come ricorda Alfano, entreranno nel ruolo unico della dirigenza statale, rappresentano tuttavia per il ministro dell’Interno «una specialità che si fonda su un insieme di competenze insostituibile nel sistema Italia». Insomma, forse non entreranno in un serbatoio unico dei dirigenti statali. Ma serve, dice Alfano, «un’apertura alla riforma che potrà salvare il ruolo delle prefetture anche in futuro».
Il Sole 24 Ore – 16 luglio 2014