Consegnato dal ministro Fazio nei giorni scorsi, il documento prova a tracciare nuove rotte, sperimentazioni, ma anche linee comuni per tutto il Ssn
Il testo consegnato da Fazio alle Regioni
Piccoli ospedali riconvertiti in strutture ponte tra l’ospedale e i medici di famiglia. Che a loro volta potranno gestire ambulatori aperti 24 ore al giorno per trattare i casi meno gravi ed evitare così inutili affollamenti al pronto soccorso. E poi ancora: strutture ospedaliere in «rete» per favorire sinergie, percorsi di riabilitazione «individuali» per i 2,8 milioni di disabili costretti oggi a “cure spezzatino” e infine tanta prevenzione – dagli stili di vita all’ambiente – per evitare agli italiani, per quanto possibile, micidiali malattie killer che costano caro anche ai conti del Ssn.
La Sanità ai tempi del federalismo non cambia parola d’ordine: meno corsie ospedaliere e più servizi vicini al cittadino, sul «territorio», come dice lo slogan di un Servizio sanitario che da anni sta tentando di cambiare pelle. Guardando sempre di meno all’ospedale. A provare a dettare le strategie uguali per tutti del futuro della nostra sanità federale è l’ultimissimo Piano sanitario nazionale 2011-2013. Un documento cruciale di programmazione (l’ultimo risale al triennio 2006-2008) di 114 pagine che il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha consegnato alle Regioni nei giorni scorsi per avere il loro via libera. Un appuntamento fisso, questo del Piano, che diventa un’occasione per provare a tracciare nuove rotte, sperimentazioni, ma anche linee comuni per tutto il Ssn. Tanto che il nuovo documento si autodefinisce come «l’elemento di garanzia dell’uniforme applicazione degli obiettivi», ma anche dei Lea: i livelli essenziali di assistenza, le cure cioè che vanno garantite a tutti «a livello nazionale». Sul piatto ci sono circa 1,5 miliardi all’anno da ripartire tra le Regioni a cui spetterà il compito finale di dare concretezza a queste strategie.
Le sfide sono note: domanda di salute crescente, invecchiamento della popolazione, aumento dei malati cronici, risorse scarse. In una parola: sostenibilità. Che va garantita «attraverso un sistema di governance multilivello (nazionale, regionale e aziendale) capace di assicurare un costante equilibrio tra il sistema delle prestazioni e quello dei finanziamenti». E di recuperare efficienza, soprattutto nelle Regioni in rosso. Le criticità sono evidenziate con chiarezza: l’«inappropriatezza» di alcune prestazioni ospedaliere, legate all’«organizzazione ancora insufficiente della medicina generale» e del livello territoriale; le lunghe liste d’attesa; l’ingiustificato livello di spesa farmaceutica per abitante di alcune Regioni; un livello qualitativo dei servizi molto differenziato. Con un nuovo campanello d’allarme: la carenza di medici nel Ssn, calcolata in 18mila unità dal 2012 al 2018 e di circa 22mila dal 2014 al 2018. Come a dire che anche il vecchio luogo comune dell’Italia “Paese dei camici bianchi” è ormai quasi sfatato.
La bozza di Psn 2011-2013 propone dodici azioni e approfondisce alcune tematiche di sistema: dalla ricerca alle nuove tecnologie, dalla sicurezza delle cure alla farmaceutica, fino all’accreditamento delle strutture. Ma uno degli snodi principali è ovviamente il restyling delle reti ospedaliere che devono essere «riqualificate» anche con la «riconversione degli ospedali di piccole dimensioni e la loro trasformazione nei nuovi modelli di offerta territoriale». Per diventare magari centri per l’assistenza ai malati cronici o per i tanti anziani non autosufficienti. Oggi i piccoli ospedali – se ne contano circa 300 in Italia – non sono certo in grado di curare patologie complesse e rischiano il paradosso di essere poco sicuri per i pazienti stessi. Da qui l’esigenza di trasformarli – non di chiuderli – in modo da salvaguardare così «il patrimonio culturale e imprenditoriale che essi rappresentano per le rispettive comunità locali».
ilsole24ore.com
16 novembre 2010