Non si è ancora spenta l’eco mediatica dopo la conferenza stampa di fine anno con cui il presidente Luca Zaia ha cercato di smentire con forza, dati alla mano, la convinzione, espressa da molti, che la Regione sia impegnata a ridimensionare la sanità pubblica a favore di quella privata. Qualche riflessione e qualche domanda si impongono.
E’ vero innanzitutto che il Veneto disinveste nel servizio sanitario pubblico o sono le “solite” fake news del malpensanti? Facciamo un passo indietro. E prima di tutto chiediamoci per quale motivo si sia radicato a vari livelli, nei cittadini e tra gli operatori sanitari, questo sentire comune, tanto diffuso ormai da generare nel governatore la necessità di smentire. Ci aiuterebbe a capire.
La smentita peraltro arriva sulla base di dati sul finanziamento del Ssr, per la parte pubblica e per quella privata, elaborati da Azienda zero e non da un soggetto terzo come sarebbe auspicabile. Quanto all’interpretazione dei dati va ricordato che già il Cergas Bocconi, in uno studio pubblicato nel 2009 relativo all’ osservatorio sull’assistenza sanitaria privata in Italia, aveva evidenziato in premessa come l’elaborazione dei flussi informativi possa generare bias interpretativi correlati alla modalità di aggregazione dei dati.
Dopo la diffusione delle slide regionali, peraltro, alcune componenti politiche di opposizione hanno ampiamente evidenziato come l’elaborazione della Regione risulti omissiva di voci di capitolo importanti che contribuiscono al totale della spesa privata.
E ancora. Se fosse vero che la Regione investe di più nel pubblico perché si sarebbero verificate e si verificano chiusure di reparti ospedalieri per carenza di personale? E perché il personale sanitario negli ospedali pubblici sarebbe in sofferenza a causa di turni di lavoro usuranti? Perché si verifica la fuga dei medici e del personale infermieristico verso il privato? Per quale motivo infine sono in aumento i prepensionamenti?
I numeri, i bilanci, i flussi informativi si dimostrano quindi ancora una volta strumenti insufficienti per dare risposte a queste domande e per descrivere la realtà in cui versa il Servizio sanitario regionale. I soli dati sono sicuramente inidonei nel dare risposte convincenti al malcontento dei cittadini che quotidianamente si confrontano con il welfare sanitario.
La cabina di regia dell’assessorato o della direzione generale sanità sono punti strategici di governo, ma dialogano purtroppo solo con interlocutori tecnici di loro diretta nomina. Mentre il polso del Ssr dovrebbe essere valutato anche con altri interlocutori: in primis gli utenti, poi il personale sanitario e non ultime le organizzazioni sindacali con le quali la Regione ha invece smesso di confrontarsi.
Chiediamoci il perché. I sindacati sono divenuti forse interlocutori scomodi per un progetto politico che effettivamente pone il Servizio sanitario regionale pubblico in secondo piano?
Crediamo che per smorzare la querelle si debbano cercare risposte in quegli attori del Ssr che sono stati sinora marginalizzati . La Regione dovrebbe quindi ripristinare il confronto con le organizzazioni sindacali sul tema e promuovere una seria indagine tra i cittadini utenti sulla qualità percepita della sanità pubblica regionale. Solo così sarà possibile togliere i dubbi di autoreferenzialità dei dati comunicati che altrimenti risultano semplici composizioni di numeri avulsi dal contesto della real life.
Alberto Pozzi
Vicepresidente Fvm Veneto
15 gennaio 2020