Negli anni delle spending review e dei blocchi alle assunzioni le Regioni hanno ridotto il numero dei loro dirigenti, ma chi è rimasto in pista costa un po’ più di prima perché si divide una fetta dei fondi accessori di chi è uscito.
Nella mole di numeri messi in fila dalla Corte dei conti nella nuova relazione sul personale degli enti territoriali diffusa ieri (delibera 25/2016 della sezione delle Autonomie), è questo fenomeno a mostrare con maggiore chiarezza i limiti dei freni al pubblico impiego che sull’onda dell’emergenza finanziaria hanno colpito in modo più o meno lineare la Pubblica amministrazione senza troppo interessarsi delle conseguenze nelle singole strutture.
I limiti crescenti alle facoltà assunzionali e alla dinamica dei costi del personale hanno fatto dimagrire ovunque le amministrazioni territoriali. I Comuni, che sono ovviamente i titolari degli organici più numerosi, fra 2012 e 2014 hanno visto scendere il proprio personale del 3,63%, mentre la spesa è diminuita ancora più velocemente (-4,48%) perché il peso dei dirigenti, titolari delle buste paga più pesanti, è diminuito in rapporto al totale: la spesa per i vertici amministrativi, infatti, ha fatto segnare nel triennio messo sotto esame dai magistrati contabili un taglio dell’11,94 per cento.
Il personale dei Comuni, con una spesa media di 27.621 euro per ogni dipendente (contro i 34.772 euro pro capite delle Regioni) e di 84.935 euro per ogni dirigente (nelle Regioni si sfiorano i 93mila euro), si conferma quello caratterizzato dalle retribuzioni più leggere del comparto: nelle Province, invece, svetta il dato dei dirigenti, che arrivano a costare 97.806 euro a testa, ma in questo caso per conoscere il quadro definitivo occorrerà attendere i calcoli sugli effetti della riforma Delrio, che si sono dispiegati fra 2015 e 2016.
Pur nella stretta generale, le regole sempre più rigide di finanza pubblica non hanno modificato le sperequazioni nella distribuzione di personale, e le distanze che rimangono enormi fra gli enti dei territori a Statuto ordinario e quelli caratterizzati dall’Autonomia speciale.
Il Sole 24 Ore – 2 agosto 2016