Cinquanta euro netti in più a tutti, con salvaguardia per i redditi bassi. L’obiettivo è di chiudere venerdì e portare i ritocchi in busta paga all’inizio della primavera. Spinta per concentrare tutte le risorse sulle voci fisse perché il rinnovo riguarda il triennio 2016-2018 in larga parte già trascorso
Il nuovo contratto degli statali avvia oggi quella che dovrebbe essere la stretta finale delle trattative, ed è destinato a tradursi in circa 50 euro netti al mese di aumenti. La prospettiva è quella di un ritocco in busta paga sostanzialmente uguale per tutti, perché i tempi sono stretti e la pressione per recuperare almeno in parte gli otto anni di congelamento delle buste paga sono forti.
In pratica, gli 85 euro medi promessi dall’intesa del 30 novembre scorso e finanziati dalla legge di bilancio attesa in settimana all’approvazione definitiva dovrebbero distribuirsi in parti uguali fra le buste paga di tutti i dipendenti. E questa linea, una volta fissata dal contratto per le «funzioni centrali» (i circa 240mila dipendenti che lavorano in ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici), sarà ripetuta in tutti gli altri rami della Pa, dagli enti territoriali alla sanità fino alla scuola. Per un ministeriale medio, che oggi secondo i calcoli dell’Aran guadagna poco più di 28.500 euro lordi all’anno, gli 85 euro lordi si traducono in 50 euro al mese al netto di Irpef e addizionali, e analogo è l’effetto sullo stipendio-tipo del dipendente degli enti pubblici (quasi 41mila euro lordi oggi).
A portare verso questa omogeneità di trattamento sono due fattori. Il governo ha manifestato in più di un’occasione l’idea di destinare al “tabellare”, cioè alle voci fisse uguali per tutti, solo una parte degli aumenti, ma l’intenzione si scontra con le richieste sindacali alimentate dal fatto che il contratto in cantiere riguarda un triennio (2016-2018) per due terzi già trascorso.
Governo e sindacati, poi, sono accomunati dalla fretta di chiudere il prima possibile la trattativa, per portare gli aumenti in busta paga in tempo utile per le elezioni e per il rinnovo delle Rsu negli uffici pubblici. L’obiettivo è ambizioso con l’ipotesi di urne il 4 marzo, perché dopo l’accordo il testo deve passare da Corte dei conti e Ragioneria generale per ottenere tutti i bolli necessari alla firma finale, e pare più alla portata del voto sulle rappresentanze sindacali, soprattutto se si terrà dopo Pasqua. In ogni caso bisogna fare in fretta, perché l’accordo sulle funzioni centrali aprirebbe la strada agli altri contratti, che riguardano quasi 3 milioni di persone.
L’idea alla base della «piramide rovesciata» ipotizzata a suo tempo da Funzione pubblica, cioè di un occhio di riguardo per gli stipendi più bassi e di un trattamento meno generoso con quelli più alti, dovrebbe quindi manifestarsi solo per il primo aspetto. Per attuarlo è stato abbozzato quello che il nuovo testo di contratto definisce «elemento perequativo», che in pratica serve a garantire il mantenimento degli 80 euro a chi li riceve oggi. L’aumento contrattuale, infatti, avrebbe tagliato o azzerato il bonus a circa 300mila persone che oggi guadagnano fra 24-26mila euro lordi, in uno scambio fra 85 euro lordi in entrata e 40-80 netti in uscita (a seconda del livello di partenza) che avrebbe finito per rendere netto o addirittura in perdita l’effetto del rinnovo contrattuale. La prima mossa per evitare il problema è stata fatta in manovra ed ha alzato da 24mila a 24.600 euro la soglia di reddito che inizia a far scendere il bonus, e da 26mila a 26.600 quella che lo cancella. Ma come previsto, la novità non è sufficiente a garantire tutti, e il compito di finire il lavoro sarà assegnato appunto alla salvaguardia aggiuntiva scritta nelle bozze di contratto. Il suo non sarà in ogni caso un lavoro semplice, perché per riuscire dovrà incrociare tutte le variabili senza comunque poter agire sui redditi diversi da quelli da lavoro, che entrano nel calcolo alla base della distribuzione del bonus.
L’altro compito chiave, quello di differenziare le buste paga, toccherà invece al nuovo sistema dei premi, e in particolare alla regola contrattuale che chiederà di riservare le maggiorazioni individuali al 30% del personale e di azzerarle quando le valutazioni migliori riguarderanno più di 4 dipendenti su dieci. Ennesima variazione sul tema eterno della «meritocrazia», i cui effetti andranno testati sul campo.
LE NOVITA’ PRINCIPALI NELLA PARTE NORMATIVA DEL CONTRATTO
SANZIONI CONCORDATE
Oltre ad accogliere le novità portate dalla riforma Madia, e in particolare le regole più rigide contro l’assenteismo, la bozza del nuovo contratto per i dipendenti statali introduce un nuovo istituto: la «determinazione concordata» della sanzione. Il dipendente interessato da un procedimento disciplinare può concordare la sanzione con l’ufficio. La sanzione non può cambiare «natura», per cui non è possibile per esempio concordare un richiamo per gli illeciti che determinano una sospensione. Ci si può però accordare, nello stesso esempio, sulla durata della sospensione.
PERMESSO A ORE
Fra le novità gestionali in arrivo con il nuovo contratto c’è il permesso a ore. Di conseguenza nel caso di assenze che impegnano solo poche ore, non sarà più necessario perdere l’intera giornata. Il tetto è fissato a 18 ore, che equivalgono ai tre giorni lavorativi del vecchio sistema. I permessi a ore riguardano anche i motivi personali o famigliari: la richiesta non andrà più accompagnata dalla motivazione per cui si chiede il permesso. Per l’assenza di una giornata sarà calcolato il numero di ore lavorative previsto dal contratto
FERIE SOLIDALI
Con il nuovo contratto, i dipendenti potranno regalare le ferie in eccesso ai colleghi, a patto che questi le utilizzino per ragioni di cura o assistenza di figli minori con problemi di salute. In questi casi, potranno essere ceduti i giorni che superano le quattro settimane di ferie (20 giorni, oppure 24 per chi ha un orario su sei giorni), o una quota dei 4 giorni di recupero per festività soppresse. I dipendenti che ricevono le ferie in «regalo» possono utilizzarle solo dopo aver esaurito le ferie e i riposi compensativi ordinari
VISITE E TERAPIE
Per visite, esami e terapie vengono riconosciuti permessi per un massimo di 18 ore annuali, che comprendono non solo il tempo necessario per la visita o la terapia, ma anche la durata del viaggio per raggiungere il medico o la struttura. La bozza di nuovo contratto chiarisce poi la tutela prevista per le terapie salvavita come l’emodialisi e la chemioterapia. I giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali rientrano nella disciplina prevista per assenze, ricoveri o day hospital per le terapie a cui sono legati, e non sono calcolati nel periodo di comporto
ORARIO FLESSIBILE
Il contratto estende le possibili flessibilità dell’orario di lavoro. Oltre alla possibilità di determinare orari settimanali diversi a seconda dei periodi dell’anno, già seguita in molti settori della Pa, viene rilanciata la riduzione dell’orario a 36 ore nel caso dei turnisti (da concordare con le amministrazioni). Fra le ipotesi c’è poi quella di ridurre il tempo minimo della pausa pranzo, da «almeno 30 minuti» ad «almeno 10 minuti». Questo aiuterebbe a strutturare orari di uscita anticipati
WELFARE AZIENDALE
Nel nuovo contratto fa la sua comparsa anche il welfare aziendale, che viene però affidato alla contrattazione integrativa. In questa sede, le amministrazioni potranno disciplinare iniziative a sostegno della famiglia, sotto forma di sussidi e rimborsi, supporto all’istruzione dei figli, prestiti a favore di dipendenti in difficoltà oppure polizze sanitarie integrative. Tra i possibili interventi ci sono anche contributi ad attività culturali o ricreative con finalità sociali. I finanziamenti andranno individuati all’interno del fondo delle risorse decentrate
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 20 dicembre 2017