Ridare peso alla contrattazione, nazionale e decentrata, per superare una serie di rigidità fissate per legge nella riforma del 2009 ma mai entrate veramente in campo. Sarà questo uno dei punti della strategia che il governo presenterà oggi ai sindacati convocati dalla ministra per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione Marianna Madia per avviare il confronto sul riavvio dei contratti pubblici e sul nuovo testo unico del pubblico impiego, attuativo della riforma Madia.
Le due mosse corrono parallele, perché sono necessarie entrambe per tradurre davvero in pratica l’idea di riportare dalla legge ai contratti una serie di temi, a partire dalle regole per distribuire i «premi» di produttività fra i dipendenti pubblici che se li meritano escludendo gli altri.
Per quanto riguarda la riapertura della stagione contrattuale, congelati da sette anni e sbloccati dalla sentenza 178/2015 con cui la Corte costituzionale ha negato la possibilità di sospenderli ancora, la prima mossa sarà rappresentata dall’atto di indirizzo, cioè dal documento con cui il governo detterà le linee guida per il confronto fra l’Aran, l’agenzia che rappresenta il «datore di lavoro pubblico», e i sindacati. Fra gli indirizzi, a quanto si apprende, dovrebbe esserci appunto l’idea di tornare a dare più peso ai contratti, all’interno di una griglia che deve comunque concentrare le risorse per la produttività sui dipendenti con valutazioni più brillanti ed escludere dai premi una quota del personale; per i 300 milioni della contrattazione nazionale, invece, l’indicazione è quella di prevedere ritocchi salariali inversamente proporzionali ai livelli di reddito, anche se il principio non è di facile attuazione e fa storcere il naso ai sindacati. Nella sanità, che insieme a Regioni ed enti locali segue una procedura più autonoma in cui gli indirizzi sono scritti dai comitati di settore formati dagli enti territoriali ed esaminati dal governo solo per quel che riguarda le compatibilità economiche, l’atto già spinge per un rafforzamento della contrattazione di secondo livello, ma non parla di aumenti differenziati per fasce di reddito.
Per «delegificare» la contrattazione, superando per esempio le tre fasce di merito scritte nella legge del 2009 e mai attuate, serve comunque la riforma del pubblico impiego, per la quale il governo ha tempo fino a febbraio del 2017. Prima della pausa estiva, quindi, è previsto l’approdo in consiglio dei ministri solo del decreto sul ruolo unico dei dirigenti e le modifiche per i dirigenti sanitari, insieme alla riforma delle Camere di commercio: un altro provvedimento che può avere impatto sul personale, perché l’obiettivo è di razionalizzare le strutture (portandole a 60) e i costi.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 26 luglio 2016