Sembra quasi che sia la crisi economica, anziché una serie di passi avanti lungo un percorso comunque accidentato ma virtuoso, a provocare i piccoli progressi registrabili in base alla 21ª edizione di Ecosistema urbano, l’indagine che Legambiente e Ambiente Italia propongono anno dopo anno, assegnando di fatto una pagella “verde” ai Comuni capoluogo di provincia.
La situazione non si distacca da una sostanziale staticità, pur nella conferma di alcune tendenze che, nel lungo-lunghissimo periodo, potrebbero portare a reali miglioramenti. Resta il fatto che perora, anche nell’ambito deisingoli settori presi in considerazione, si possono notare segnali contrastanti: per esempio, se i curatori della ricerca considerano la situazione complessiva dell’inquinamento atmosferico ancora a livelli di emergenza, con situazioni problematiche addirittura in aumento nelle città più grandi, si conferma un trend quasi generale di diminuzione dei valori medi annuali delle polveri sottili, e aumentano i centri che restano al di sotto dei limiti di legge per quanto riguarda il biossido di azoto.
Peril resto, determinati miglioramenti dovrebbero essere collegati proprio alle difficoltà economiche che stanno attraversando i cittadini: si spiegano (anche) così le riduzioni in termini di consumi elettrici domestici e di rifiuti prodotti, mentre la raccolta differenziata in crescita è un processo virtuoso non condizionato dalla congiuntura. Ma la crisi ha anche inevitabili risvolti negativi, provocando una flessione dell’offerta di trasporto pubblico, diretta conseguenza dei tagli dei trasferimenti statali, con l’ulteriore conseguenza di un aumento del già alto tasso di motorizzazione.
Certo, le realtà in campo sono tutt’altro che omogenee. Il “profondo Nord” mantiene la propria supremazia, piazzando cinque città ai primi cinque posti: nell’ordine, Verbania, Belluno, che scende dal primo posto, Bolzano, Trento e Pordenone. Nella top ten, poi, compaiono anche una realtà del Sud (L’Aquila), una del centro (Perugia) e una delle isole (Oristano), più La Spezia e Venezia.
La città lagunare è decisamente la migliore tra quelle con più di 200mila abitanti, che in linea di massima presentano le maggiori difficoltà. Di esse, solo tre su 16, cioè il 19 per cento, compaiono nella prima metà della classifica: sono Bologna, Genova e la già citata Venezia. Se poi guardiamo ai sei centri con più di mezzo milione di residenti (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova), constatiamo che, rispetto all’anno scorso, hanno tutti perso posizioni, con la sola eccezione del capoluogo siciliano. Una consolazione da poco, visto che Palermo resta nella zona bassa, passando dal 97? al 96? posto. Decisamente meglio va ai capoluoghi demograficamente “medi” (tra 80mila e 200mila abitanti) e “piccoli” (sotto gli 80mila): entrambe le categorie hanno oltre la metà dei propri rappresentanti nella parte alta della graduatoria.
Dal punto di vista geografico, la sofferenza meridionale è tutt’altro che una novità: da Caserta (93ª) ad Agrigento (104ª), le ultime 12 posizioni sono tutte attribuite a Sud e Isole. In particolare, tra le 10 città in coda, ci sono quattro calabresi e altrettante siciliane.
Il Sole 24 Ore – 27 ottobre 2014