Negli ultimi anni le pensioni sono state oggetto di diversi interventi legislativi finalizzati al contenimento della spesa previdenziale, primo fra tutti l’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi previsto dalla Riforma Monti-Fornero di fine 2011.
Il beneficio più importante si è avuto nel 2012 quando – di norma – nessun lavoratore, privo di un diritto a pensione maturato entro il 2011, è riuscito a perfezionare i nuovi requisiti. A tali interventi si sono affiancati il blocco della perequazione fino al 2013 (per gli importi superiori a tre volte il trattamento minimo) e la ripresa dal 2014 con indicizzazioni parziali che hanno comportato riduzioni di spesa nel settore.
In più occasioni si è fatto riferimento alle pensioni d’oro, cioè quei trattamenti pensionistici che in base al sistema retributivo non sono giustificati da effettivi versamenti di contributi nel corso della vita lavorativa, bensì sono parametrati alla media delle ultime retribuzioni e ulteriormente maggiorati rispetto alle regole standard. Già dagli anni Novanta si è assistito a un accorpamento degli istituti previdenziali ai quali l’Inps è subentrato, mantenendo ove previsto dalla normativa, la contabilità separata per gli enti confluiti. Di fatto l’armonizzazione è avvenuta sulla carta, ma il più delle volte le regole di determinazione delle pensioni sono rimaste le stesse.
Fondi di settore
Dai dati 2013 forniti dall’Inps, i pensionati di vecchiaia che godono di migliori trattamenti sono quelli dell’ex Inpdai, il fondo dei dirigenti d’azienda, che eroga prestazioni medie mensili di 4.361 euro. I coefficienti molto generosi per questi lavoratori risalgono al Dpr 914/1955 e sono il frutto di un periodo di forte crescita ed espansione. Al loro seguito, i pensionati iscritti al Fondo volo che percepiscono mediamente una pensione di 4.088 euro. La normativa di riferimento (legge 859/1965) prevedeva un 3% di rendimento all’anno con un tetto pari alla retribuzione media pensionabile.
Gli iscritti al Fondo esattoriali, Elettrici, Gas, Telefonici e Trasporti mediamente percepiscono trattamenti superiori a 2.000 euro al mese. Per gli elettrici la normativa (legge 1079/1971) prevedeva pensioni dirette pari all’88% della retribuzione dell’ultimo semestre mentre per i telefonici (legge 1450/1956) la normativa prevedeva un rendimento del 2,50% annuo sulla base della retribuzione degli ultimi dodici mesi.
Contributivo e retributivo
Fanalino di coda gli iscritti alla Gestione separata Inps, che eroga solo trattamenti pensionistici calcolati con le regole del sistema contributivo per meno di 150 euro al mese, i quali vengono superati dagli iscritti al Fondo clero (625 euro) e dai coltivatori diretti coloni e mezzadri con 664 euro. I lavoratori contributivi puri, anche se ricorreranno alla previdenza complementare privata, non riusciranno ad eguagliare le perfomance pensionistiche di chi li ha preceduti.
In Italia ogni mese vengono pagate oltre 6.800 pensioni il cui importo, al lordo dell’Irpef e singolarmente considerato, supera i 10mila euro. I trattamenti che superano i 15mila euro sono oltre 1.200. Nel frattempo il costo di questa spesa sociale grava sulla collettività. Soltanto quando le pensioni retributive usciranno di scena, verosimilmente non prima del prossimo decennio, il sistema si avvierà gradualmente verso un lungo riequilibrio, perché comunque i trattamenti saranno pagati vita natural durante, oltre le reversibilità in capo al coniuge e figli aventi diritto.
Coefficienti e limiti
Solo nel 1992 e successivamente nel 1997 sono stati introdotti, nelle forme di previdenza sostitutive ed esclusive, i tetti pensionabili, già operativi nell’Inps. In altri termini, ciò che il lavoratore percepisce in costanza di attività lavorativa viene reso pensionabile ma al crescere della retribuzione il rendimento scende proporzionalmente secondo scaglioni predeterminati. Nell’Inps, l’aliquota di rendimento per le quote retributive fino al 2011, è pari al 2% annuo ma in determinate gestioni il rendimento poteva arrivare anche al 3,60 per cento. Tre anni in una gestione valgono più di cinque anni nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’Inps. La causa di pensioni così elevate è da ricercare non solo nelle retribuzioni, cresciute appositamente con l’avvicinarsi dell’età pensionabile, ma anche nella modalità di calcolo che opera.
Una “giustizia” nelle pensioni potrà esserci quando i criteri di calcolo saranno effettivamente armonizzati. D’altronde, già con la Riforma Dini, si è introdotto il concetto di massimale contributivo (100.123 euro per il 2014 che opera nei confronti dei lavoratori senza anzianità al 31 dicembre 1995) superato il quale ciò che viene percepito non è reso pensionabile. Oggi il legislatore ha già introdotto, nei fatti, un tetto all’importo della pensione che i giovani si stanno costruendo ma non riesce ad arginare, a causa dei famigerati diritti acquisiti, il fenomeno di pensioni al di là di importi ritenuti ragionevoli.
Cariche elettive
A ciò si devono aggiungere i vari trattamenti erogati dagli organi di rango costituzionale, come Camera e Senato nonché dalle varie assemblee legislative regionali. Secondo quanto previsto dall’articolo 38 della legge 488/1999, i lavoratori dipendenti dei settori pubblico e privato, eletti membri del Parlamento nazionale, del Parlamento europeo o di assemblea regionale ovvero nominati a ricoprire funzioni pubbliche, che in ragione dell’elezione o della nomina maturano il diritto a un vitalizio o a un incremento della pensione loro spettante, sono tenuti a corrispondere l’equivalente dei contributi pensionistici, nella misura prevista dalla legislazione vigente, per la quota a carico del lavoratore, relativamente al periodo di aspettativa non retribuita loro concessa per lo svolgimento del mandato elettivo o della funzione pubblica.
In altri termini, pagando la percentuale a loro carico (circa il 9%) sulla retribuzione cui avrebbero avuto diritto se fossero rimasti al lavoro, gli interessati maturano il diritto a vedersi riconoscere, ai fini pensionistici, il periodo trascorso in aspettativa presso la gestione dove ordinariamente versano i contributi nonostante che per tale periodo maturino comunque il diritto a un’altra rendita.
Il Sole 24 Ore – 20 agosto 2014