Se foste un’azienda affidereste un business da 2,5 miliardi di euro ad un ufficio che di qui a sei mesi potrebbe non esistere più? Accettereste di mettere oltre 26 mila «clienti» nelle mani di un pool di interinali, co.co.pro., precari d’ogni sorta, col rischio dopo Natale di dover ricostruire dossier, rapporti, archivi? E se da questi professionisti, preparatissimi a detta degli stessi «titolari», dipendesse la tenuta del vostro bilancio e l’effettiva realizzazione delle «politiche di sviluppo aziendale»?
Ebbene, quel che in un’impresa privata non accadrebbe mai accade invece nell’impresa pubblica e, nello specifico, in Regione, dove l’8 dicembre prossimo cominceranno a scadere i contratti dei 117 precari che si occupano della gestione dei fondi europei. Già, proprio i famigerati fondi citati ogni due per tre come «salvifici», «indispensabili», «irrinunciabili» per il futuro del Veneto. Qualche esempio? «Dal Fondo per lo sviluppo 600 milioni per le nostre imprese: il Veneto riparte» sentenzia l’assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato. «Grazie ai Fondi agricoli per lo sviluppo rurale sosteniamo la crescita e lo sviluppo delle nostre imprese, favorendo l’innovazione e il recupero di competitività sul mercato» conferma il collega all’Agricoltura Giuseppe Pan. «Con il Fondo sociale affrontiamo con rinnovata fiducia una nuova fase, per combattere con determinazione la disoccupazione, sostenere la competitività delle nostre imprese e potenziare le competenze professionali» conclude l’assessore al Lavoro Elena Donazzan. E dai fondi di garanzia all’agenda digitale, il tema è ricorrente anche nel programma elettorale del governatore Luca Zaia.
Ebbene, chi gestisce questa parte fondamentale del bilancio regionale? I 117 precari di cui sopra: giuristi, economisti, statistici, agronomi, ingegneri, comunicatori, insomma, «alti profili» inseriti negli uffici di Palazzo Balbi in virtù di contratti rinnovati di anno in anno per una, due, tre, addirittura dieci volte (la durata media è 6 anni). In alcune strutture la quota dei precari è addirittura del 50% tanto che alcuni di loro, decisi a farsi sentire, avvertono: «Con la scadenza dei nostri contratti i finanziamenti sono in pericolo, si va dall’impasse al blocco totale». Esagerano? Calcano la mano? In Regione c’è chi assicura di sì ma certo è un rischio andare al vedo e tra l’altro non si capisce neppure per quale ragione bisognerebbe farlo (detto che la programmazione Ue ha durata settennale, dal 2017 al 2013 i beneficiari dei fondi europei in Veneto sono stati 26.800).
I precari, com’è ovvio, chiedono certezze sul concorso per l’assunzione in pianta stabile, che i loro profili e l’esperienza maturata in questi anni siano adeguatamente tenuti in considerazione, che venga garantita la continuità lavorativa. «Nonostante le numerose richieste di informazione e azioni di sensibilizzazione – fanno notare sconsolati – a 5 mesi dalla scadenza dei contratti la situazione rimane avvolta nell’incertezza». E l’orizzonte, purtroppo, appare tutt’altro che roseo, come spiega Daniele Giordano della Funzione Pubblica-Cgil: «Si tratta di lavoratori che, avendo accumulato contratti per 36 mesi e oltre, stando all’attuale normativa non hanno i requisiti per la stabilizzazione. La questione era già stata posta quando la Regione ha rideterminato la sua pianta organica alla luce delle 404 persone arrivate dalle Province, dove sono state immediatamente riallocate dopo l‘assunzioneda parte dell’ente, e nel piano occupazionale da poco varato dalla giunta sono previsti sì 50 nuovi posti ma evidentemente sono meno dei 117 necessari per i precari dei fondi Ue e di sicuro non potranno essere occupati tutti da questi ultimi».
Una soluzione potrebbe forse essere la presa in carico da parte di Veneto Sviluppo, la cassaforte della Regione che nei prossimi anni assumerà un ruolo centrale anche nella gestione dei fondi Ue, intanto il vice governatore con delega al Personale Gianluca Forcolin se la prende con Roma: «Lo Stato impone norme e vincoli, ma poi non consente di procedere perché non emana i decreti attuativi. E la gestione del personale non fa eccezione. Dopo aver riassorbito i dipendenti delle Province e pure quelli della Croce Rossa, noi siamo pronti da maggio per le nuove assunzioni ma nonostante lo sblocco fosse stato annunciato per il 30 giugno, ad oggi è ancora tutto fermo. A questo punto – continua Forcolin – daremo comunque attuazione alla nostra programmazione e attiveremo i bandi, aperti a tutti ma con la valorizzazione, in termini di punteggio per titoli, delle esperienze già positivamente effettuate presso l’ente. Non è vero, infatti, che non abbiamo a cuore le esperienze maturate dai lavoratori che attualmente operano con contratti a tempo determinato e che hanno acquisito capacità che vanno valorizzate, ovviamente nel rispetto delle normative. Certo se Roma non ci avesse bloccato, non saremmo arrivati a questo punto».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 17 luglio 2016