Sulla possibilità di chiedere i rimborsi alle amministrazioni di appartenenza delle quote di iscrizione all’Ordine professionale degli ultimi dieci anni, al centro di una nota dell’Ufficio legale del Sivemp dei giorni scorsi, è intervenuta ora la Fnovi con una propria presa di posizione che registriamo.
La Federazione nazionale degli Ordini dei veterinari ripercorre la vicenda giudiziaria che ha portato alle richieste odierne, e cioè la recente sentenza della Cassazione Civile (7776/2015) che ha sancito che “se l’esercizio della professione è svolto nell’interesse esclusivo dell’Ente datore di lavoro, il pagamento della tassa di iscrizione all’Albo/Ordine/Collegio del dipendente ivi iscritto è a carico dell’Ente datore di lavoro, rientrando tra i costi per lo svolgimento di attività che deve gravare sull’Ente stesso, e se tale pagamento viene anticipato dal dipendente deve essere rimborsato dal medesimo Ente”.
“La sentenza ha suscitato clamore nell’ambito dei professionisti dipendenti, tanto che tutte le compagini sindacali, si sono immediatamente attivate” scrive la Fnovi che ricorda come nei mesi scorsi la stessa Federazione si fosse premurata di chiedere alla Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale del Ministero della salute di esprimere il proprio parere in argomento. “L’intervento della Federazione ha preso spunto dall’opportunità di evitare che gli enti pubblici (anche all’interno dello stesso comparto) possano adottare soluzioni differenti a fronte del medesimo problema, senza contare il vantaggio che si avrebbe nell’evitare l’insorgenza di contenziosi in materia” viene sottolineato nella nota.
Ora però la Fnovi giudica “miopi” le iniziative dei sindacati perché, a suo avviso, è “improponibile mettere in carico ai cittadini le quote di iscrizione senza mettere a rischio l’esistenza stessa del sistema professionale che, ancorché spesso poco conosciuto dagli stessi iscritti, regola le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi. Il sistema professionale definisce i requisiti culturali e legali per l’esercizio di una professione “protetta”, ovvero riserva agli iscritti gli atti “tipici” della professione”.
E continua: “È nota la propensione da parte di molti iscritti a sottovalutare se non a contestare il sistema ordinistico. Ma senza un sistema che delimita aree riservate, apriremo all’esercizio delle professioni “a chi ha conoscenza ed abilità per esercitarle”. Consegneremo, a chi avrà fantasia per immaginare nuovi profili (vedi ASU) e al mercato, la nostra professione.
tratto da Fnovi.it – 17 luglio 2015