
Quote latte, per l’Avvocato Ue l’Italia è inadempiente: non ha recuperato 1,3 miliardi dai produttori. Verso la condanna da parte della Corte
Chi produce di più deve pagare, le leggi europee sono categoriche. Ma l’Italia ha agito contrariamente alle regole previste dal regime delle quote latte. Le multe per i produttori che hanno immesso sul mercato più del dovuto devono essere pagate, ma le autorità italiane al contrario non hanno rispettato tale obbligo. L’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue, Eleanor Sharpston, considera «inadempiente» l’Italia e suggerisce alla ai giudici di condannarla. Un pronunciamento che può voler dire multe. Se la Corte dovesse condividere la linea del magistrato accertando l’effettivo inadempimento, allora si dovrà procedere senza indugi al recupero delle multe non pagate, altrimenti saranno multe.
L’avvocato generale dà ragione alla Commissione europea. La legislazione comunitaria che prevede il prelievo economico in caso di sovraproduzione lattiera «ha carattere imperativo per gli Stati membri», ricorda il magistrato Sharpston. Le multe vanno pagate, e l’Italia non le ha fatte pagare. O si recuperano questi 1,3 miliardi, o l’Italia dovrà pagare multe che potrebbero essere salate.
Un bocciatura per il Paese e per Luca Zaia che, in veste di ministro delle Politiche agricole, evitò agli «splafonatori» di non mettere mani al portafogli, togliendo a Equitalia il potere di riscossione e permettendo pagamenti rateali alle aziende. C’è di più. L’Italia non solo è tenuta come tutti gli Stati membri a far pagare le multe per i produttori che sforano. E’ tenuta anche a rispettare «l’obbligo di diligenza». Cosa non fatta secondo l’avvocato generale, secondo cui la legislazione nazionale in materia si distinta per «l’inefficacia, l’irrazionalità e la farraginosità», dando di vita ad contenzioso giudiziario che in pratica «ha reso estremamente difficoltoso per lo Stato italiano, se non impossibile, procedere al recupero delle somme dai singoli produttori». Un pasticciaccio all’Italiana.
La Stampa – 13 luglio 2017