La previdenza privata punta sul welfare. Alle prestazioni “extra pensione” è, infatti, dedicata una parte importante del secondo rapporto dell’Ufficio studi Adepp, l’associazione che riunisce 20 enti di previdenza privati, che sarà presentato oggi al Teatro Capranica di Roma alla presenza del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e del ministro del Lavoro, Elsa Fornero.
Tra il 2010 e il 2011 le Casse private hanno aumentato del 12,3% le uscite in prestazioni assistenziali, passando da 302,6 milioni a 339,7. È l’assistenza sanitaria la voce di spesa più consistente (130,6 milioni), cresciuta tra il 2010 e il 2011 del 15,1%, seguita dall’indennità di maternità (93,2 milioni, più 4,8%) e dai sussidi economici agli iscritti (64 milioni) con un incremento del 24,3%. Secondo il presidente Adepp, Andrea Camporese, «la polifunzionalità del welfare allargato è una delle grandi sfide del futuro, perché la previdenza non è erogare solo la pensione».
L’esercito dei professionisti Adepp è di 1.469.099 soggetti, con una crescita del 10,33% tra il 2005 e il 2010. L’aumento più consistente è stato registrato nell’area giuridica (più 27,72% in sei anni) seguito dalle professioni di area tecnica (più 15,1%).
Il totale delle prestazioni Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti) è di 350.085, con una crescita media annua del 13,60%, per un importo complessivo di 4 miliardi e 624 milioni di euro (4 miliardi e 65 milioni se si annulla l’effetto del l’inflazione dal 2005 al 2011).
Se guardiamo al fronte opposto, quello dei versamenti contributivi, nel 2005 ammontavano a 5 miliardi e 618 milioni di euro, nel 2011 a 8 miliardi e 118 milioni (7 miliardi e 135 milioni al netto dell’inflazione), con un incremento del 44,5% in sei anni (valore reale al netto dell’inflazione 27,02%). Questa voce è destinata ad aumentare ancora date le recenti riforme che molte Casse hanno avviato e che prevedono spesso un aumento dei contributi per poter garantire la sostenibilità a 50 anni richiesta dal decreto Salva Italia.
Un’attenzione particolare del Rapporto viene riservata ai giovani under 40, che rappresentano il 33,8% degli iscritti totali. Se guardiamo agli under 30 il loro reddito medio è meno di un terzo di quello degli iscritti over 40. Ed è la metà di quello dei colleghi che hanno tra i 35 e i 39 anni. L’analisi non entra nel merito del valore assoluto perché i dati a disposizione non erano sufficienti (solo sette Casse su 20 hanno fornito il dato) ma la difficoltà dei giovani a mantenersi con la professione è evidente. «Per permettere ai giovani professionisti di lavorare – sostiene Camporese – dobbiamo aiutarli nell’avviare uno studio, prenderli in carico, ma i diversi obblighi a cui siamo soggetti limitano l’iniziativa delle Casse e ci impediscono di avere un effettivo ruolo di “leva” sociale». Camporese si riferisce alle scarse risorse che si possono mettere in campo. Le Casse, per esempio, devono versare l’Imu, si tratta di decine di milioni che non andranno ad accrescere le singole pensioni o ad aumentare i servizi di welfare per gli iscritti. C’è poi l’annosa e mai risolta questione della doppia tassazione sui rendimenti finanziari. «Su questo fronte la politica si dimostra miope – conclude Camporese – perché l’assistenza sanitaria o sociale che noi potremmo fornire solleverebbe lo Stato da una serie di spese. Altri Stati lo hanno capito e hanno attenuato la pressione fiscale sulla previdenza, noi restiamo i più tassati d’Europa».
Il Sole 24 Ore – 11 dicembre 2012