Così il Direttore centrale Vita, Danni e Servizi Ania ha commentato i dati del Rapporto Ania sulle scelte intraprese dalle varie Regioni per coprire i casi di malpractice. Scelte che, secondo Manzato, potrebbero rivelarsi “non esenti da rischi”, soprattutto se si considerano le “lungaggini del sistema giudiziario italiano”.
“Lungi da me l’idea di fare la Cassandra, ma alcune Regioni Italiane devono essere consapevoli che alcune scelte potrebbero rivelarci in futuro molto onerose”. Parla senza mezzi termini. Roberto Manzato Direttore centrale Vita, Danni e Servizi Ania. I dati del Rapporto Ania ci consegnano un quadro molto variegato sulle scelte delle Regioni italiane per coprire i casi di malpractice. Scelte che secondo il direttore centrale di Ania potrebbero non essere esenti da rischi considerando le lungaggini del sistema giudiziario italiano.
Dottor Manzato, il panorama delle assicurazioni mediche è cambiato. Per la prima volta assistiamo a un decremento dei premi nelle coperture assicurative di ospedali e strutture sanitarie. Le Regioni vi hanno “scippato” un guadagno?
Non direi. Anche perché negli ultimi quindici anni, venti anni il settore sanità non è stato proprio un “buon investimento”. E comunque gli scenari attuali vanno analizzati con molta attenzione. Mi spiego, bisogna distinguere tra Regioni virtuose e altre che credo si stiano illudendo. Abbiamo alcune Regioni e strutture sanitarie che sanno di avere un costo fisso l’anno in termini di numero di sinistri e di importi medi. Per la gestione di questi eventi non si assicurano, ma lo fanno invece per quei sinistri anomali che possono mettere in crisi il bilancio. Per questo si rivolgono per la copertura di sinistri con un danno superiore ai 250-500 mila euro alle compagnie assicuratrici. Questo è sicuramente un modo intelligente per procedere. Un esempio su tutti la Lombardia. Nel panorama nazionale è la Regione con il sistema di assicurazione medica più organizzato. Una realtà virtuosa che ha adottato un sistema misto. Non dimentichiamo poi che sul premio assicurativo grava una tassa del 22,25%, pertanto se assicuro tutto, pago una tassa su tutto, anche sui quei sinistri con costi fissi. Per cui, ridurre il premio e coprire solo “il cigno nero” conviene. È una formula che suggerirei.
Quali sono invece le Regioni che si stanno illudendo?
Quelle che hanno scelto la strada dell’autoassicurazione, come la Toscana e la Liguria e la Puglia e la Sicilia si stanno muovendo in tal senso. Questa è una scelta che espone a rischi. Se si procede in un’ottica di cassa si risparmia nell’immediato, ma si corre il rischio di trovarsi in futuro a dover pagare danni assicurativi con code lunghe che impegnano i bilanci futuri. Le Regioni dovrebbero costituire invece dei fondi di riserva e, per evitare sottostime, sottoporre i bilanci contabili alla revisione contabile di un esperto terzo. Insomma, senza fare la Cassandra, non vorrei che dietro roboanti annunci di risparmi ci fossero poi delle speranze smentite nel futuro.
Insomma il sistema misto è quello che soddisfa entrambe le parti, Regioni e le compagnie assicuratrici.
Il sistema misto è sicuramente la carta vincente. Noi gestiamo l’alea pura e non piccoli sinistri.
I dati degli ultimi quindici anni, com’è stato sottolineato, indicano per le imprese di assicurazione perdite rilevanti, sia nel settore dedicato ai medici sia in quello delle strutture sanitarie.Le compagnie hanno sbagliato i conti perché l’evoluzione giurisprudenziale ha sempre sottostimato l’entità del risarcimento. E tuttora è difficile esercitare questo ramo soprattutto verso le strutture sanitarie. Perché non c’è certezza né sull’ambito di responsabilità, né sul quantum. Riusciamo a stimare con precisione solo il danno patrimoniale. Quando poi si parla di danno biologico, danno morale e quello da relazione, si viaggia nell’incertezza. Se ci fosse una codifica del danno sarebbe molto più facile. Anche se è evidente che determinate voci sono difficilmente quantificabili. Sarebbe più utile avere regole chiare sul risarcimento.
Parliamo di malpractice. Amami stima che ogni anno in Italia ci sono 30mila denunce contro i medici e solo uno su cento risulta colpevole. La realtà è che non esistono stime certe…
La verità è che circa tre quarti delle cause per risarcimento si risolvono in sede transattiva. In sostanza si rinuncia ad andare in causa e si preferisce chiudere immediatamente. Un vantaggio sia per il presunto danneggiato che può ricevere un risarcimento in un tempo ragionevole, contenendo le spese per il patrocinio legale, sia per le compagnie di assicurazioni per le quali il miglior sinistro è quello chiuso, soprattutto se si ritiene che ci sia una parte di responsabilità. Ma spesso è anche il medico a volere chiudere la partita, nonostante sia convinto di non avere torto, pur di non subire la via crucis di un giudizio che si può protrarre per anni, opta per questa soluzione. Una buona gestione del sinistro è anche quella di non andare fino alla fine della causa e trovare un accordo tra le parti.
Ma quanto costa ad un medico assicurarsi?
Innanzitutto dobbiamo ricordare che i medici dipendenti del Ssn sono esenti dall’obbligo assicurativo, come si evince peraltro sia dalla Costituzione sia dal Ccnl della dirigenza del 2005. Sono coperti dalle strutture sanitarie di appartenenza salvo colpa grave o dolo. E in ogni caso, per il singolo medico, la copertura assicurativa per colpa grave costa molto poco. Ma ha costi contenuti anche la copertura assicurativa in secondo rischio, ossia quella che subentra alla polizza della struttura di appartenenza è che può coprire fino a cinque milioni di euro.
Facciamo qualche esempio, un ginecologo chiede un’assicurazione in secondo rischio quanto paga?
Un ginecologo dipendente del Ssn, con una polizza per intervento chirurgico e assistenza al parto e un massimale di cinque milioni di euro paga 750 euro l’anno. Non mi sembra tanto. Invece un libero professionista con un massimale di1 milione e mezzo paga 14mila 570 euro. Anche questa non mi sembra una grande cifra se pensiamo che il risarcimento per un danno serio può costare fino a 5 milioni di euro l’anno. Comunque sono polizze che riguardano solo poche specializzazioni molto rischiose, come ginecologia, ortopedia, anestesia. Ma tutti gli altri professionisti possono stringere convenzioni con prezzi abbordabili. Tra l’altro le condizioni contrattuali sono negoziate da esperti delle associazioni.
Rc sanitaria. Rapporto Ania. Le Regioni scelgono il “fai da te” e le compagnie assicuratrici arretrano
Cala del 4,3% la stima dei premi nelle strutture, ma cresce del 3,6% quella totale. In Toscana, Liguria, Puglia, Basilicata e Sicilia le compagnie escono di scena, sostituite da forme di autoassicurazione o non assicurazione. Nelle altre regioni prevale un sistema misto in cui si ricorre a una polizza soltanto per coprire i sinistri di importo maggiore.
Scelta drastica per le regioni italiane che preferiscono l’autoassicurazione o addirittura la non assicurazione per fronteggiare i rischi di responsabilità civile nei casi di malasanità. Valle d’Aosta e la Provincia di Bolzano sono le uniche a puntare completamente sul mercato assicurativo per rimanere indenni dagli effetti degli errori medici, mentre tutti gli altri gli enti locali gestiscono per proprio conto le richieste di risarcimenti con schemi regionali o affidati alle singole Asl. Nei rari casi in cui si rivolgono ad un assicuratore, è soltanto per coprire i sinistri di maggiore entità, cioè quelli di importi superiori ai 250-500 mila euro.
È quanto emerge dal dossier Ania “Malpractice, il grande caos”, presentato oggi a Roma alla presenza del presidente dell’Ania Aldo Minucci, del direttore generale Dario Focarelli e del direttore centrale del settore vita, danni e servizi, Roberto Manzato.
Lo studio evidenzia che nel corso del 2012 sono state registrate 31.200 denunce di sinistri, segnando un lieve calo (-0,8%) nel confronto con il 2011. Una diminuzione più marcata (-8%) rispetto al 2010, anno in cui le richieste di risarcimento raggiunsero un vero e proprio exploit.
Complessivamente il bilancio tecnico del ramo continua a evidenziare un significativo squilibrio, con un rapporto sinistri a premi pari al 122% nel 2012, anche se meno marcato rispetto al decennio scorso.
Esempio emblematico di abbandono dello strumento assicurativo è quello della Sicilia: la polizza in essere, disdettata a fine 2013, è scaduta dal primo luglio scorso lasciando prive di protezione le Asl locali, senza che venisse costituito uno specifico fondo. Bisogna comunque segnalare che dal 14 agosto entrerà in vigore l’obbligo di assicurazione dai rischi di r.c. professionale per i medici, tranne che per i dipendenti del Ssn.
Il minore ricorso alle assicurazioni comporta un più debole sistema di garanzie: i risarcimenti sono più lenti e meno equi e il personale sanitario corre rischi maggiori.
Tuttavia i cambiamenti del sistema sono stati rapidissimi. Basti pensare che un’indagine parlamentare sugli errori medici conclusa all’inizio del 2013 mostrava che il 72,2% delle Asl italiane risultava ancora coperto da una polizza. Trasformazioni così radicali sono dovuti all’ aumento nei costi dei risarcimenti e alla difficoltà a stimare i rischi. Allo stato attuale il mercato della r.c sanitaria è dominato da un assicuratore statunitense che detiene una quota di mercato superiore al 50%.
A fine 2012 la stima dei premi nelle coperture assicurative di ospedali e strutture sanitarie per la prima volta ha mostrato un decremento, segnando -4,3% a 288 milioni nonostante i presumibili significativi aumenti tariffari resi necessari per fronteggiare le continue perdite del ramo. Includendo anche le polizze sottoscritte direttamente dai medici (255 milioni, +14%) nel 2012 sono stati incassati premi per complessivi 543 milioni (+3,6% rispetto all’anno precedente).
La stima dei sinistri denunciati alle imprese di assicurazione italiane nel 2012 è risultata pari a 31.200 (di cui 19.500 relativi a polizze stipulate dalle strutture sanitarie), con una lieve riduzione (0,7%) rispetto all’anno precedente. Il rapporto tra sinistri e premi (loss ratio) per le varie generazioni di sinistri si attesta al 173%. Per ogni 100 euro di premi incassati, cioè, le compagnie ne hanno pagati (o stimano di pagarne) 173 sotto forma di risarcimenti. Tuttavia, mentre fino al 2005 il disavanzo tecnico aveva assunto valori particolarmente elevati, con un rapporto tra sinistri e premi giunto a superare il 310%, negli ultimi anni lo squilibrio è risultato più contenuto. In particolare per il 2012, secondo le valutazioni preliminari, il loss ratio si è attestato al 122%.
Le sentenze della Corte di Cassazione emesse dal 1999 ad oggi hanno determinato che medici e strutture sanitarie sono assoggettabili ad una responsabilità contrattuale: le conseguenze sono l’inversione dell’onere della prova e la dilatazione dei tempi di prescrizione da 5 a 10 anni. Ed anche una sorta di garanzia di risultato sulle cure prestate. Se queste non sortiscono l’effetto sperato si può essere chiamati a risponderne. Nella gran parte dei paesi europei, invece, vengono indennizzati soltanto i danni causati dagli errori medici, che il paziente deve provare di aver subito.
(Quotidiano sanità – 24 luglio 2014)