Re Flavio, i suoi fedelissimi e il sistema Verona sott’assedio «Implode». «No, reggerà»
Tosi piglia-voti. Tosi il salvatore. Tosi il sindaco-re. Tosi premier. Tosi, Tosi, Tosi… A Verona non si muove una foglia senza il via libera del primo cittadino. Lo sceriffo della Lega 2.0, oramai sdoganato ben al di fuori dei confini padani, amministra il potere direttamente o per mezzo dei suoi fedelissimi messi sulle poltrone strategiche della città. Anche lui, dicono i detrattori, ha un proprio «cerchio magico». Lo chiamano sistema-Tosi, e rende bene l’idea.
Il consigliere regionale del Pd, Franco Bonfante, lo descrive così: «Lui decide e chi non è d’accordo, anche all’interno del suo stesso partito o della coalizione, viene cacciato. Non accetta di dividere il potere con altri, ma si limita a occupare tutti i posti-chiave inserendo le persone che gli sono più vicine e che obbediscono». Il risultato? «Il sistema-Tosi è un intreccio di politica e amministrazione, ma se venissero confermate le accuse avanzate dalla procura di Verona, anche di affari».
In questi giorni la Verona più vicina al sindaco si sente sotto assedio da parte della procura, che sta prendendo a spallate i centri di potere. Prima l’inchiesta su Parentopoli, che ha portato alla luce assunzioni sospette nelle società partecipate, poi gli arresti dei vertici di Agec, l’azienda per i servizi, con l’accusa di aver pilotato alcuni bandi per le mense dei bambini. Ora l’indagine per presunta corruzione che ha coinvolto il vicesindaco Vito Giacino.
Nel mezzo della battaglia, Tosi e i suoi si presentano in formazione a testuggine, pronti a difendere gli indagati, sventolando lo spauracchio della «magistratura a orologeria» che colpisce chi sta vicino allo Sceriffo proprio mentre lui si candida a guidare il centrodestra, a cavallo della fondazione «Ricostruiamo il Paese». E anche se il primo cittadino non è direttamente coinvolto in nessuna di queste indagini, sotto processo politico finisce inevitabilmente anche il modello di governo che promette di trapiantare dalla città all’Italia intera.
L’opposizione parla del «lato oscuro dell’amministrazione», snocciola tutti gli scandali che si sono succeduti (a cominciare dall’ex presidente dell’azienda di trasporti che nel 2011 gonfiava i rimborsi-spesa) e si sfrega le mani. «È il sistema-Tosi che implode», chiosa il segretario provinciale Luigi Ugoli. «Le inchieste giudiziarie di oggi sono soltanto l’epilogo di un sistema malato che sembra sgretolarsi sotto la spinta di un’autocombustione politica. Il vero scandalo è che mentre la sua amministrazione va a gambe all’aria, il sindaco se ne sta in giro per l’Italia a pontificare di buongoverno».
Dal fronte opposto, il capogruppo in Regione del Pdl, Dario Bond, la vede così: «Vedremo cosa diranno le inchieste, ma in linea di principio, per amministrare bene un sindaco deve scegliere le persone che lo accompagnano sulla base di un mix di fiducia e competenza. Non basta condividere la stessa linea politica, occorre disporre di bravi professionisti».
Ma il sistema-Tosi ha anche moltissimi estimatori. «Flavio è un decisionista, e alla gente piacciono gli uomini forti, che sanno fare delle scelte anche controcorrente», spiega il vicepresidente della Provincia di Verona, Fabio Venturi, considerato – assieme a Giacino – il «delfino» del sindaco. «Quando è stato eletto, la città era impantanata. Lui se l’è caricata sulle spalle e l’ha trascinata fuori dal fango. Per farlo ha concesso la propria fiducia ad alcune persone, e se n’è assunto la responsabilità. Ora si sta comportando come un vero capitano, difendendo la sua squadra di fronte ad accuse ancora tutte da dimostrare».
Lo stile dell’«Imperatore Flavio» piace anche a un altro leghista doc: il presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro. «È un modello condivisibile. L’uomo di potere deve circondarsi di persone che hanno la sua fiducia e che condividono in buona parte il suo progetto. Altrimenti corre il rischio di trovarsi ostaggio di dirigenti che fanno ostruzionismo solo per motivi ideologici». Ma se la scelta ricade sulle persone sbagliate? «Sulla qualità degli uomini scelti da Flavio non posso dire nulla fino a quando non sarà chiaro l’evolversi delle indagini che li riguardano».
Anche secondo l’ex leghista «eretico» Bepi Covre, la strategia di governo utilizzata dal sindaco di Verona è la più efficace. «I sindaci non sono dei re perché non hanno successori. Ma finché dura il loro mandato, devono distribuire il potere affidandolo a persone di cui si fidano ciecamente. Se poi una di esse sbaglia, spetta alla magistratura intervenire evitando però che sia infangato l’onore di chi ancora non è stato condannato. In ogni caso, le eventuali colpe non devono ricadere su chi li ha selezionati. In fondo anche Gesù si ritrovò un traditore tra i discepoli, figuriamoci se non può capitare anche a Tosi…».
Andrea Priante – Corriere del Veneto – 1 novembre 2013