Da quando ci sono loro due in Parlamento, e ormai sono diversi anni, stilare l’immancabile graduatoria dei redditi dei politici è diventata una noia: Ghedini e Longo, Longo e Ghedini. Uscire da questo binomio – politico (entrambi di Forza Italia), professionale (tutti e due avvocati di primo piano), geografico (vengono da Padova) e finanziario (sono immancabilmente i più ricchi della compagnia) -, è praticamente impossibile.
Certo, l’ammontare del reddito imponibile non è esattamente lo stesso. L’onorevole avvocato Niccolò Ghedini, che annovera Silvio Berlusconi come cliente principale (ma anche, per dirne un altro, Giancarlo Galan, nella recente vicenda giudiziaria per lo scandalo Mose), viaggia su livelli che noi umani possiamo soltanto immaginare: nel 2014 ha dichiarato 2,147 milioni di euro e spiccioli, un lordo prima delle imposte che ne fa stabilmente uno degli uomini più ricchi del Parlamento. Se la batte, per fare un esempio, con l’industriale lombardo Alberto Bombassei, eletto in Veneto per Scelta Civica, che arriva a sfiorare i 3 milioni di euro. Per la cronaca, con un imponibile del genere, Ghedini l’anno scorso ha versato la bellezza di 916 mila euro in tasse.
Il collega di professione e fede politica Longo, invece, ha dichiarato la rispettabilissima cifra di 857 mila euro, che ne fanno di gran lunga il numero due nell’ideale graduatoria dei politici contribuenti più facoltosi. Poi c’è Renato Brunetta, che certo non se la passa male: 214 mila euro di reddito per il capogruppo di Forza Italia, il quale vanta anche un notevole parco auto vintage (Fiat 110F del ‘68, Lada Vaz dell’89 e Jeep Wrangler del ‘96), nonché un altrettanto notevole parco case. Per trovare un uomo di sinistra tra i «ricchi» bisogna scendere ai 168 mila euro del sottosegretario Pierpaolo Baretta, che non per caso nel governo si occupa di Economia, così come il suo collega Enrico Zanetti (Scelta Civica), che ha dichiarato 176 mila euro. Redditi importanti sono anche quelli di Margherita Miotto, deputata padovana del Pd, con 140 mila euro e rotti; di Felice Casson, l’ex magistrato ora senatore che si candida a fare il sindaco di Venezia, il quale si colloca a quota 130 mila; di Ilaria Capua, la scienziata padovana prestata alla politica sotto le insegne di Scelta Civica, la cui dichiarazione dice 127 mila.
Capovolgendo l’obiettivo, va detto che anche i più «poveri» della compagnia non se la passano affatto male, considerando i redditi medi che girano fuori dai palazzi della politica, nel mondo reale. Le cifre più basse tra i veneti a Roma hanno il comune denominatore dell’appartenenza al Movimento 5 Stelle: siamo comunque sopra i 77 mila euro. In linea generale, le cifre che si leggono al Senato sono mediamente superiori a quelle della Camera: mai sotto gli 82 mila euro. Mentre uno come Giancarlo Galan, che è tuttora deputato nonché presidente di Commissione nonostante tutto quello che è successo, l’anno scorso dichiarava 111 mila euro.
A.Z. – Il Corriere del Veneto – 8 marzo 2015