Cvd. Come volevasi dimostrare. Proprio quando gli indipendentisti speravano di riuscire a passarla liscia (la deadline era fissata per il 24 agosto ed il governo ora «chiude per ferie»), ecco che con un colpo di reni il consiglio dei ministri ha impugnato ieri entrambe le leggi regionali istitutive dei referendum, sia quella sull’autonomia che quella (assai più dirompente) sull’indipendenza del Veneto.
La notizia era attesa praticamente dal giorno dell’approvazione dei due testi a Palazzo Ferro Fini (era il 19 giugno) perché pareva impossibile che lo Stato potesse avallare, seppur indirettamente, «per inerzia», due consultazioni che mirano nella versione più soft a creare una sesta Regione a Statuto speciale e nella versione più strong a staccare il Veneto dall’Italia, ma la conferma è arrivata solo ieri, quando l’esecutivo Renzi era già riunito. Fino a mercoledì da Palazzo Chigi tutto taceva. E invece. Il ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, ha istruito la causa, il consesso ministeriale ha approvato ed il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio ha annunciato, in conferenza stampa: «Abbiamo impugnato la legge perché è in contrasto con la Costituzione. Noi siamo a favore dell’autonomia ma è cosa ben diversa dall’indipendenza». Per non sbagliare, però, hanno cassato pure la legge di Costantino Toniolo (Ncd) che punta esattamente a rafforzare l’autonomia. Curioso, peraltro, che proprio quest’ultimo referendum sia stato ritenuto lesivo di un maggior numero di articoli della Costituzione rispetto a quello per l’indipendenza: il primo viola per il governo gli articoli 3, 5, 116,117 e 119; il secondo «solo» gli articoli 5, 114, 117, comma 1 e 2, lettera a).
«Roma festeggia il primo “sì” a una riforma costituzionale contro le Regioni e le Autonomie e nel contempo celebra il ritorno al più bieco centralismo. Ma noi non ci arrendiamo» avverte il governatore Luca Zaia, che ha tutte le intenzioni di resistere davanti alla Consulta: «E’, questa, l’unica possibile reazione. Oppormi al sopruso del governo non è solo un compito che svolgo con convinzione e con la consapevolezza di fare la cosa giusta, ma è anche il senso del dovere, morale e istituzionale, che mi impegna a difendere in tutte le sedi il progetto promosso dal consiglio regionale. Non posso accettare che sia impedito in modo arrogante di ascoltare la voce di un popolo, che “a prescindere” si dica no a un referendum. L’insegnamento di Voltaire, ”Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”, è sconosciuto a questo governo». Rincara la dose il presidente del consiglio Valdo Ruffato: «A Roma sono proprio “de coccio”, non capiscono per nulla le istanze del nostro territorio! Impugnare entrambe le leggi vuol dire impedire ai veneti di esprimersi e questo non lo permetteremo mai».
Luca Azzano Cantarutti, leader di Veneti Indipendenti e avvocato, fa sapere di aver già dato a Zaia la sua disponibilità, insieme ad alcuni colleghi, ad occuparsi del caso: «La battaglia si giocherà di fronte alla Corte costituzionale ma anche davanti alla Corte di giustizia europea». Un altro avvocato, il fondatore di Indipendenza Veneta Alessio Morosin, sostiene che «la Regione dovrebbe costituirsi in giudizio al solo scopo di contestare la legittimità della Consulta a giudicare, visto che la nostra iniziativa si pone al di fuori dell’ordinamento nazionale ma perfettamente all’interno di quello internazionale. Dobbiamo considerare irrilevante l’impugnazione del governo e spero che Zaia non la voglia usare come alibi per bloccare il percorso referendario: la legge approvata dal consiglio è ancora valida ed efficace, per cui tiriamo dritti senza fermarci di fronte a quella che si configura come una vera e propria confisca della democrazia». E mentre il primo firmatario della legge, Stefano Valdegamberi di Futuro Popolare, inveisce contro «il governo autoritario, neo centralista e anti democratico di Renzi, che ammazza le autonomie e rafforza gli apparati massonici e burocratici di Roma», Gianluca Busato di Plebiscito.eu commenta serafico: «A questo punto è evidente che non esiste più alcuna via istituzionale all’autodeterminazione, sicché l’unica iniziativa pienamente legittima attraverso la quale i veneti abbiano avuto la possibilità di esprimere la loro volontà è il nostro plebiscito digitale del 16 e 21 luglio. Terremo fede a quel pronunciamento e andremo avanti per la nostra strada».
Il che significa, tra le altre cose, che continuerà la raccolta fondi avviata nei giorni scorsi, su consiglio niente meno che dell’assessore regionale al Bilancio Roberto Ciambetti: «Abbiamo verificato tutte le procedure per la costituzione del fondo di finanziamento del referendum – ha spiegato Ciambetti – e abbiamo concluso che la soluzione ottimale, che consente di evitare tutte le pastoie burocratiche, è quella di invitare il comitato promotore a costituirsi in maniera formale, come prevede la legge, a individuare un istituto di credito e ad aprire presso di esso un conto corrente finalizzato a tale scopo». Detto fatto: «Plebiscito.eu si farà carico di un dovere istituzionale nei confronti del Popolo Veneto, supplendo in tal modo ancora una volta alla mancata assunzione di responsabilità dei rappresentanti politici che siedono in regione» ha stilettato Busato. Ci resta solo una curiosità: che fine faranno le donazioni, se la mazzata della Consulta dovesse rivelarsi mortale per il referendum?
Ma.Bo. – Corriere del Veneto – 8 agosto 2014